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sabato 20 luglio 2013

Divagazioni estive


Il torrente Nervia scorre verso la foce tra gli alberi sfiorando in tangente Via Gradisca, nella zona di Ventimiglia (IM) che prende il nome da questo corso d'acqua, ma risulta visibile in pratica solo attraverso una griglia che sbarra il fondo - lato levante - di questa stradina. Tanti, tanti anni addietro, nonostante fosse già passata anche da quelle parti - novembre 1966 - una disastrosa piena, che meriterebbe un capitolo a parte, in quel punto era stato realizzato un notevole accumulo di terra e di ghiaia, accesso per uno sterrato, che diventava presto nulla di più di un sentiero, che terminava su una spiaggia pressoché selvaggia, nelle cui adiacenze spiccava in pratica come costruzione solo il deposito dei locomotori delle Ferrovie.

Per combinazione, mi è stata recapitata di recente una fotografia di famiglia, che non ricordavo, che riprende grosso modo quest'ultimo tratto com'era cinquant'anni fa. Oltre a me, compaiono il nonno e...

Non doveva passare molto tempo prima che l'assetto di quell'angolo di territorio mutasse radicalmente, soprattutto con l'edificazione di palazzoni che hanno anche elettrizzato a lungo la vita amministrativa di Ventimiglia.

Mi viene sin troppo naturale quest'estate - in quanto mi sono deciso ad approfittare più spesso di spiagge così vicine a casa - pensare a scorci di mare di un tempo. A Bordighera, storicamente dotata di una lunga passeggiata, prolungata a stralci verso ponente solo a partire dagli anni '70.

Quando ancora adolescente, come settimane addietro rammentavo con un'amica di quella specie di avventura, per le prime volte potei andare al mare senza essere accompagnato da adulti, questo mi capitava a Bordighera  (IM), in un punto, accessibile solo attraverso il greto - non ancora cementificato, dunque - del torrente Borghetto, dove una striminzita striscia di sassi si appoggiava alla massicciata della ferrovia.

Poco oltre - in direzione Francia - il centro di Ventimiglia (IM), il maestoso arenile delle Calandre si é nel tempo drasticamente ridotto. Si dice in conseguenza della realizzazione - in particolare più a ponente - di opere a difesa del bastione della linea ferroviaria.

Calandre. Un sito caro a tutti nella città di confine e in prossimità. A tanti villeggianti. Un luogo di memorie, inoltre. Come tale lo segnalo, perché indirettamente mi é stato chiesto. Al pari di qualche altro in zona, forse.

Via Gradisca, ancora. Ci sono stato qualche giorno addietro con un amico, che vi ha abitato a lungo e che intendeva rivedere con me quel piccolo rione di case di ferrovieri, al quale ha dedicato righe intrise di nostalgia, in ispecie per la pregressa solidarietà popolare, ben presente anche a me.

Frammenti di discussione e incontri del frangente, invero, suscettibili di altre, numerose divagazioni, hanno contribuito a portare certe mie riflessioni, infine qui approdate, ad un taglio - spero! - da approccio alla storia del costume e della civiltà materiale.

Così mi sono deciso a rivisitare da solo quella piccola arteria per fare quelle fotografie che non avevo ancora. Non c'é più da poco, come faceva notare la volta precedente Angelo P., l'alto traliccio, oggetto - cosa che E. non ricorda - di spericolate arrampicate di Piero G.: io non ero in grado di risalirlo che per pochi metri. Accadeva sempre d'estate. Come per altri episodi da "ragazzi della Via Pal" a Bordighera, intorno alla Zona Bigarella, con me sempre più da spettatore che da protagonista. Ero già tenuto, probabilmente, a quell'alone di sicurezza con cui le famiglie oggi - per oggettiva necessità - circondano i bambini, aspetto che mi sottolineava giusto due sere fa, proprio qui a Bordighera, una compagna di alcuni di quei lontani giochi in periferia della Città delle Palme...




sabato 6 luglio 2013

Curiosando tra cartoline e francobolli d'epoca

Mi sembra quasi d'obbligo iniziare con una Vienna ancora Belle Époque una mia personale rivisitazione di vecchie cartoline.
A quel tempo anche Tersatto, frazione di Fiume, era nell'Impero Austro-Ungarico.
Introduco a questo punto un aspetto, cui non avevo sinora prestato attenzione: in partenza da questa località e, penso, per la Croazia di allora, i francobolli, se leggo bene, erano della Posta Magiara.
Sono andato a ritroso su quanto avevo già pubblicato in rapporto a immagini d'epoca, per cui, circa Parenzo, Istria,  trovo un annullo più ricorrente.
Granada, Alhambra.

Per illustrare questo francobollo spagnolo, vidimato nel 1927.



















Francobolli argentini di oltre un secolo fa'. Sul retro di una cartolina di Buenos Aires - o una similare -, già pubblicata qui da me.
Singolarità per singolarità, metto in evidenza anche un timbro statunitense del 1908.
Somalia. Uebi Scebeli. Tralascio, nell'occasione, ogni riferimento alla storia di questo tormentato paese.


Ma sul retro di questa cartolina compare questo francobollo del 1938, che attesta che l'Italia fascista riservava a questa sua colonia il presunto onore dell'autonomia postale.















Dalla medesima mi é venuta l'idea di curiosare tra documenti di questo genere per compiere questo breve excursus, cui non avevo ancora pensato, perché forse mi erano rimasti troppo impressi nella mente i francobolli apposti a fianco o sulle immagini stesse di tante cartoline d'epoca.




domenica 30 giugno 2013

Dolceacqua, poi

Dolceacqua (IM) in Val Nervia, forse troppo nota per dedicarle qualcosa di più che poche righe. Spicca il Castello che fu dei Doria. Per molti versi é quasi d'obbligo partire da questo maniero.
Se guardo il mastio, mi può venire in mente che si tratta probabilmente in parte di un manufatto bizantino, per cui rischio di partire per la tangente in excursus storici.
Uno scorcio della salita verso la vecchia fortezza, che subì irrimediabili distruzioni ad opera di moderne - per l'epoca - batterie di cannoni degli spagnoli, comandati dal Marchese Las Minas, durante la guerra di successione austriaca, tali da compromettere definitivamente quell'unicum con Giardino Rinascimentale, di cui ho già qui parlato con corredo di una tavola dell'apologetico "Theatrum" dei Savoia di fine 1600.
Già,  perché  a questo punto, saltando secoli e secoli di vicende, si impone a mio avviso almeno un cenno ad un singolare episodio che chiama in causa il famoso Andrea Doria, la cui madre nacque in quel borgo, tra l'altro. Bartolomeo Doria, lontano parente dell'Ammiraglio, da cui, secondo alcune fonti, ricevette specifica istigazione, uccise con trentadue pugnalate il 22 agosto 1523 lo zio Luciano Grimaldi, reggente della Signoria di Monaco: ne seguirono intricate azioni di guerra - volute soprattutto dal vescovo di Grasse Agostino Grimaldi, fratello del morto - e diplomatiche, al termine delle quali, per salvaguardare a quel ramo dei Doria la Signoria di Dolceacqua, si ebbe il relativo passaggio - anche con l'interessamento del futuro Doge della Superba - dall'infeudamento a Genova a quello ai Savoia, che rimase definitivo.
La zona dell'attuale accesso al Castello, anche sede oggi di iniziative culturali, ma ancora interessato da altri lavori di restauro.
Tornando ai Doria, molte delle loro tombe sono nella Chiesa di S. Giorgio, lontana dal centro antico.
Uno sguardo al ponte, già immortalato da Claude Monet, che univa Castello e Giardino Rinascimentale propriamente detto.
Un passaggio.
Uno scorcio del paese, comprensivo di uno spicchio di quello che fu il Giardino, della strada provinciale, del citato ponte.

Come altri blogger, cerco spunti per farmi tornare più chiari in mente episodi, momenti degni di vita sociale e situazioni afferenti persone dalla calda umanità: nel caso di Dolceacqua - eclatante! - ha prevalso in me, come mai altre volte, facendomi annullare sul nascere ricordi personali, l'esigenza di mettere in evidenza il rilievo storico e culturale della cittadina, cui, però, ho qui reso parziale, molto parziale onore, che spero di riuscire ad integrare man mano più avanti.


mercoledì 19 giugno 2013

Qualcosa su Sanremo

Un ponte antico sulla strada di Verezzo, frazione nell'entroterra di Sanremo (IM). La città dei fiori presenta anche questi aspetti.
Un po' lontano dal mare si ha ancora un'idea di come erano una volta le colline.
Per paradosso,  spostarsi in autostrada aiuta ad orientarsi e ad avere stimoli in tale geografia.
In pieno centro da pochi anni la realizzazione di opere, che hanno tentato di imbrigliare il ripetersi di esondazioni del torrente, ha consentito di riportare alla luce reperti secolari dello scalo marittimo.
Poco più a ovest del precedente punto - in mezzo, il vecchio porto - il Forte di Santa Tecla, eretto a metà XVIII secolo dal governo della ormai morente Serenissima Repubblica di Genova per vigilare meglio sui sanremesi, di cui aveva appena domato una rivolta. Un edificio che è stato, poi, sino a non molto tempo fa un carcere.
Dall'altro lato, la costruzione è già interessata in questo periodo da lavori - la cui recinzione di cantiere al momento copre alla vista il Monumento alla Resistenza dello scultore Renzo Orvieto, che fu egli stesso partigiano - che dovrebbero, come da lunga attesa, consentirne l'attivazione quale prestigiosa struttura culturale.
In questa immagine - si è sempre a ridosso del centro urbano - a sinistra la sede scolastica, che ospitava allora - come ricordato da una lapide - il Liceo frequentato da Italo Calvino. Dietro, e a fianco, inizia il centro storico vero e proprio, la Pigna.
Da non dimenticare, inoltre, la presenza quirite a Sanremo. Ho selezionato, in proposito, una fotografia della Villa Romana di Bussana, a levante: sullo sfondo la collina, su cui si scorge il Santuario della Madonna della Guardia, che porta al Poggio, più noto, forse, per la corsa ciclistica Milano-Sanremo.

Ci sono - ci sarebbero - tante cose, a mio modesto avviso, da dire su Sanremo, insomma. Questo è un saggio molto modesto. Avendovi lavorato, come già accennai in questo blog, per tanti anni, me ne deriva, dopo discreta meditazione, una strana voglia di dare a Sanremo una sorta di ideale compensazione, anche per il fatto di averla lungamente vista con altri occhi, quelli della stringente attualità, quindi, trascurata, quantomeno, per le sue radici: un intendimento probabilmente velleitario, il mio.
E dovevo dedicare anche un pensiero ad una delle mie jacarande preferite della Riviera, anche se ieri non l'ho trovata fiorita al meglio, non fosse altro che è pur sempre a Sanremo che ho imparato ad apprezzare queste splendide piante...


venerdì 14 giugno 2013

Ventimiglia, non solo città di frontiera

Non ho ancora compiuto ricerche in proposito, né ho chiesto lumi all'amico che me l'ha consegnata, ma ho proprio difficoltà a collocare in qualche punto di Ventimiglia (IM) questa vecchia immagine: forse, nell'atrio della precedente stazione ferroviaria.







Questa.










Perché in oggi - ma da ben prima dell'ultima guerra - l'edificio in questione appare così.

Scomparsa, invece, la fontana, bella, a prescindere dalla simbologia di infausto regime: forse sarebbe bastato rimuovere quei segni, sempre che il monumento - supposizione non riportata neppure da altro amico, ad opera del quale   avevo già visto copia di questa cartolina e che ne ha messo in rilievo la pregevole fattura - non sia andato distrutto nei bombardamenti del detto conflitto, che gravarono pesantemente su quella zona di Ventimiglia, che aveva presentato una serie di eleganti esercizi pubblici, eretti, soprattutto, penso, in rapporto alle modalità - comportanti lunghe fermate a terra (come evocato specificamente da "Il conformista" di Bertolucci, tratto dall'omonimo romanzo di Moravia) una volta discesi necessariamente a terra da un treno da o per la Francia per controlli passaporti e dogana - di viaggio di quei tempi, connesse a quella che era a pieno titolo una stazione ferroviaria internazionale.

Una fotografia singolare di Marina S. Giuseppe.










La frontiera con Mentone.













Il raffronto con lo stato attuale lo compio, attingendo con improvvisazione a quanto avevo già in archivio, in modo parziale, tentando, altresì, di significare che, mentre in oggi la strada per la Francia, per Mentone in prima istanza, detta di Ponte S. Lodovico, scorre pressoché litoranea per chilometri, sino ai primi anni '60 si accedeva alla Francia solo per il soprastante Ponte S. Luigi, da cui si scendeva, come tuttora si scende, al mare. In fondo al secondo scorcio qui pubblicato, iniziano i Balzi Rossi, sopra i quali per secoli la Repubblica di Genova tenne il suo rastrello confinario.

 
Il Caffé Ligure mi è sempre, benché scomparso da tempo, rimasto indelebile nella memoria, ma questo è un aspetto di storia del costume che, per il taglio che ha assunto questo post, preferisco eventualmente rinviare ad altra occasione. In proposito, comunque, Gianfranco Raimondo, appena vista questa fotografia, è andato subito a rievocare, attingendo a sue fonti, i fasti pressoché da Belle Epoque del Caffé Ligure.

Qui sopra uno spicchio (a destra del torrente), molto orientale, di Nervia, quartiere est di Ventimiglia.

In modo approssimativo lo si può comparare con questo scatto d'antan, la cui datazione, nonostante la nota di accompagnamento, mi appare incerta: reputo di portarla a ben prima dell'ultima guerra, sia per la tipologia delle automobili, sia per il fatto che sul finire degli anni '50 erano ancora visibili macerie lasciate dai bombardamenti aerei.

Ringrazio per queste immagini d'epoca Adriano M., che conosco da quando si era bambini a Nervia, appunto, al quale sono tributario di altre cartoline del genere e a cui, come gli avevo preannunciato, volevo dedicare un ritrattino scherzoso, che avrebbe accomunato anche Gianfranco: il rilievo dei documenti che mi ha consegnato mi impone di andare sul brillante un'altra volta...


mercoledì 5 giugno 2013

Reggimenti di Fanteria

Fonte: Archivio Ligure della Scrittura Popolare (storia.dafist.unige.it)
Sul retro dell'originale di questa fotografia venne riportato che si trattava della 9^ Compagnia del III° Battaglione dell'89° Reggimento Fanteria - Divisione Cosseria -. In partenza per la Russia. L'anno, il 1941. La Caserma, la "Gallardi" di Ventimiglia, cui altra volta ho fatto cenno.



Si tratta di un documento che, al pari di quelli che qui seguono, la famiglia dell'ufficiale che li raccolse ha lasciato all'Archivio in parola.
Fonte: Archivio Ligure della Scrittura Popolare (storia.dafist.unige.it)

In questo caso la dicitura parla di ufficiali del Reggimento ad un campo in una località non altrimenti specificata dell'entroterra di Ventimiglia.








Fonte: Archivio Ligure della Scrittura Popolare (storia.dafist.unige.it)

In questa immagine una cerimonia in una piazza di Ventimiglia.










Fonte: Archivio Ligure della Scrittura Popolare (storia.dafist.unige.it)


Ufficiali del Reggimento ad un campo, sempre in un punto imprecisato dell'entroterra di Ventimiglia. 
Le annotazioni qui utilmente sottolineano che la partenza per il fronte russo avvenne nel 1942: il Reggimento, come viene ricordato ancora oggi con dolore a Ventimiglia - tanti i giovani della città partiti, tanti i soldati provenienti da altre province, conosciuti dalla popolazione -, ebbe, come tutto il Corpo di spedizione italiano, in quelle lontane terre ingenti perdite.
Fonte: Archivio Ligure della Scrittura Popolare (storia.dafist.unige.it)

Grande contrasto tra la serenità di un gruppo di fanti, di graduati e di ufficiali, al termine di un'esercitazione ancora in territorio ligure, con le tragedie consumate in Ucraina.








Fonte: Archivio Ligure della Scrittura Popolare (storia.dafist.unige.it)


All'ultimo, l'ufficiale, cui si deve questa raccolta, fu destinato all'Albania. E poi alla Grecia. In un altro Reggimento, il 42°.

















Fonte: Archivio Ligure della Scrittura Popolare (storia.dafist.unige.it)

Le ultime due fotografie, in effetti, fanno riferimento ai Balcani, dove la guerra, come noto, fu disastrosa per le truppe italiane, che là, una volta saldate le posizioni dai tedeschi, vennero anche largamente impegnate in repressioni contro le popolazioni civili, condotte all'insegna del contrasto contro i partigiani: mi sembra di avere colto qualche segno di questa brutta pagina di storia in alcune parole - rastrellamento, ad esempio - apposte a commento di uno scatto dalla famiglia in questione.

Il conflitto nei Balcani mi fa venire in mente quanti soldati italiani - tanti! - tornarono - quasi tutti previa prigionia nei campi tedeschi - afflitti da perniciosa malaria. E la condanna della guerra in generale - in particolare della scellerata scelta di belligeranza, imposta al nostro Paese dal fascismo - mi appare implicitamente rafforzata da immagini come queste - ed altre similari del repertorio cui ho attinto - cercate di tutta evidenza da quel capitano allo scopo di tranquillizzare i propri cari lontani.

Mi sembra importante, infine, lo sforzo di valorizzazione della cultura popolare che compie, come altri in Italia, il richiamato Istituto genovese.