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martedì 21 febbraio 2023

L’Alligatore è la prima figura di detective privato italiano credibile


Una caratteristica che rende unico il lavoro di Carlotto è ben esplicitata dalla ricercatrice Barbara Pezzotti:
“Carlotto's novels are interested because are the first crime story to be set in the north-east of Italy, a huge, indistict area that covers the regions of Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia. […] Italian crime fiction writers have strangely negleted this part of Italy, and Carlotto has been the first crime writer to set a series in this troubled part of Italy”. <112
Carlotto racconta il Veneto e tutto il nord-est, una terra che da contadina si è trasformata in una no man's land qualsiasi dopo gli anni del boom e la moltiplicazione di capannoni, poi lasciati vuoti dal turbine della crisi; il territorio è preda di mafie dall'est Europa che addirittura mettono nell'angolo la vecchia criminalità organizzata italiana.
Il paesaggio solare in contrasto con il plumbeo dei noir, dei non luoghi metropolitani, dei parcheggi ma anche della linea veneta che dalle ville palladiane si scontra con i capannoni e l'industrializzazione vorace raccontato da Carlotto.
Tra le opere ricordiamo proprio Nordest (in collaborazione con Marco Videtta, 2005) di cui Franca Pellegrini, in un suo recente saggio dedicato al libro dichiara che il romanzo contemporaneo, nell'intenzione dello scrittore padovano, ha la funzione “di porre di fronte al lettore questioni sociali di cogente attualità per il paese”. <113 Il noir può diventare uno strumento che permette di prendere coscienza di quanto accade intorno a noi e di svelare le dinamiche occulte della criminalità, che i media e la giustizia sembrano non voler o non essere in grado di denunciare. Paradossalmente, il romanzo di finzione diviene quindi il mezzo migliore per raccontare la verità. Il romanzo diventa così contro-informazione.
“Non esiste oggi in Italia un altro autore che sappia raccontare, come Massimo Carlotto, il dolore e la capacità di resistenza degli esclusi; uno scrittore che sappia descrivere meglio i meccanismi attraverso cui una società civile si trasforma in un'arena dove il pubblico reclama lo spettacolo del diverso colpevole e del sangue che scorre”. <114
Nel tempo Carlotto è diventato esponente di spicco del genere noir, nel solco del quale ha pubblicato la serie di romanzi dell'Alligatore, il detective privato Marco Buratti: La verità dell'alligatore, 1995; Il mistero di Mangiabarche, 1997; Nessuna cortesia all'uscita, 1999; Il corriere colombiano, 2000; Il maestro di nodi, 2002 - con il quale vince il Premio Scerbanenco - riuniti in un unico volume dal titolo L'Alligatore, 2007, a cui è dedicato anche il racconto a fumetti Alligatore. Dimmi che non vuoi morire in collaborazione con Igort, 2007; seguono L'amore del bandito, 2009, La banda degli amanti, 2015, Per tutto l'oro del mondo. Un nuovo caso per l'Alligatore, 2015 e Blues per cuori fuorilegge e vecchie puttane 2017, tutti editi e/o.
L'Alligatore è la prima figura di detective privato italiano credibile. La narrativa poliziesca italiana ha prodotto commissari e poliziotti, senza dimenticare il Duca Lamberti di Scerbanenco, che da medico diventa poi poliziotto, ma non detective privati.
“Se il noir è la variante metaforica della controinformazione e una scrittura che vuole tradurre in chiave romanzesca il pasoliniano io so, rimuovendo, almeno nella finzione narrativa, quella censura che occulta i misteri, o meglio i segreti di stato, al fine di fornire al lettore strumenti di riflessione, è un genere che ha bisogno di un investigatore privato credibile, cioè di un personaggio che non crede nella Giustizia dei giudici e dello Stato, ma che combatte per raggiungere la verità, quella verità che la dea bendata della Giustizia non vede mai. Questo personaggio la narrativa noir nostrana l'ha trovato nel protagonista dei romanzi seriali di Carlotto”. <115
L'Alligatore è un ex cantante blues, è stato in galera e ha conosciuto alcuni galeotti che si fa amici, come il fraterno Beniamino Rossini. È melanconico, ama il distillato di sidro di mele, il calvados e non crede nella giustizia dello Stato. Il suo passato e la necessità economica lo spingono a diventare un detective sui generis, a suo agio con le storie al confine della legalità. Le sue passioni - la musica blues, il sidro di mele e le donne - lo avvicinano ai suoi padri putativi mediterranei: Pepe Carvalho e Fabio Montale. L'Alligatore però lavora con dei soci, Beniamino Rossini e in seguito Max la memoria. Il lavoro di quadra, la triade, è un fatto nuovo nella tradizione noirista.
Nel descrivere Beniamino Rossini, Carlotto così si esprime:
“La prima volta che l'avevano pizzicato, Beniamino Rossini portava ancora i pantaloni corti e aiutava la mamma e i fratelli a trasportare merce di contrabbando attraverso il confine svizzero. Poi si era specializzato in rapine ai furgoni portavalori facendosi un nome di tutto rispetto a Milano, città in cui era nato e cresciuto. Ora, a cinquant'anni suonati, era tornato al contrabbando che praticava con comodi e veloci motoscafi, attraversando il braccio di mare che divideva il Veneto dalla Dalmazia. Trasportava di tutto: latitanti, puttane russe, oro, caviale, armi. Droga mai. Detestava gli spacciatori e li accusava di aver rovinato la mala. Ci eravamo conosciuti al penale di Padova; aveva un problema con un gruppo di camorristi intenzionati a tagliargli la gola alla prima occasione e mi aveva chiesto di intervenire. Alla fine, tutto si era risolto per il meglio e col tempo eravamo diventati amici. Ricco e rispettato, non aveva alcun bisogno di collaborare alle mie indagini. A spingerlo erano solo l'amicizia e la voglia di ficcarsi nei casini”. <116
All'amico Rossini Carlotto dedica un intero romanzo, La terra della mia anima (2006) in cui racconta la sua storia e la sua terra che è la frontiera, mentre dichiaratamente noir Carlotto scrive anche L'oscura immensità della notte (2005) e Il mondo non mi deve nulla (2014).
L'Alligatore è stato uno dei personaggi che ha contribuito all'innovazione della scena letteraria del romanzo noir italiano, ma anche all'affermazione internazionale del noir mediterraneo. Quando apparve nel 1993 (con La verità dell'Alligatore) fu come un terremoto: era nata una figura inusuale nella tradizione italiana. Non si era mai visto prima un investigatore uscito di galera, che non aveva fiducia nelle istituzioni, ma era ossessionato dalla giustizia e svolgeva le sue indagini con l'aiuto di un criminale “vecchia maniera” e di uno strano "analista", reduce dai movimenti extraparlamentari anni '70.
“Nella tradizione italiana, la tipologia che ha fatto più fatica a fornire modelli credibili è quella dell'investigatore privato. Da sempre priva di una cultura dell'investigazione, l'Italia ha potuto dar vita a decine e decine di investigatori onesti servitori dello Stato, il più delle volte più onesti dello Stato stesso, commissari, marescialli, vicequestori o agenti di polizia, a volte prodotti letterari di imitazione, nel migliore dei casi realistiche personificazioni, didascaliche e ormai abusate, dell'onestà e della dedizione, alla ricerca della verità e della giustizia. Ma nel filone del giallo tendente al noir, il cui principale interesse è la denuncia sociale, e non il rassicurante ristabilimento dell'equilibrio e del Bene, la figura dell'onesto commissario non funziona”. <117
Emerse immediatamente che l'Alligatore era il soggetto necessario per raccontare l'Italia contemporanea e il suo groviglio tra economia e criminalità e le contraddizioni della giustizia e della politica. Non si fatica a vedere in Buratti un alias dello stesso Carlotto.
Proseguendo nei romanzi dedicati a Buratti, si scopre che l'Alligatore suonava in un gruppo Blues chiamato Old Red Alligators ed offriva ospitalità quasi a chiunque. La sua vita cambia bruscamente quando viene condannato a sette anni per avere accolto in casa un ricercato. Mentre è in galera perde la voce. Il primo libro (La verità dell'Alligatore, 1995) parla di un uomo che viene ingiustamente accusato di avere ucciso a coltellate una donna e infine viene condannato. La narrazione presenta corsi e ricorsi della vita di Carlotto.
Un personaggio terribile e feroce inserito sempre nel “ricco” nordest è Giorgio Pellegrini a cui dedica Arrivederci, amore ciao (2001) e Alla fine di un giorno noioso (2011) e che inserirà anche nei romanzi dell'Alligatore (La banda degli amanti e Blues) in un tipico crossover da serialità televisiva. I romanzi su Pellegrini, scritti in prima persona, raccontano di un uomo che rinnega i propri ideali giovanili per diventare un sadico criminale che desidera a tutti i costi ripulirsi per avere una nuova chance nella società “bene” e ricca del nordest. Ottima trasposizione cinematografica è l'omonimo film Arrivederci, amore ciao di Michele Soavi nel 2006 con Alessio Boni, che riproduce un senso di repulsione verso il personaggio così bene delineato nella sua oscurità. Nel paragrafo 3.2 viene analizzata l'opera sia letteraria che cinematografica.
Dopo il Veneto, un altro luogo del cuore di Carlotto è la Sardegna, a cui dedica Jimmy della collina (2002) ispirato a don Ettore Cannavera della comunità La Collina di Serdiana che consente di sostenere i percorsi di vita di ragazzi perduti. Alla Sardegna e in particolar modo alla zona del poligono di Salto di Quirra è dedicato il romanzo noir Perdas de Fogu (insieme al collettivo Mama Sabot, 2008), frutto di una meticolosa inchiesta di cui parleranno anche i giornalisti molti anni dopo come il programma Presa diretta, Rai Tre, nel 2013. <118
Il noir ha un'importante funzione anticipatoria - come sottolinea Carlotto nell'intervista in appendice - che si evidenzia nel romanzo Mi fido di te (in collaborazione con Francesco Abate, 2007). Il tema centrale è il mondo della sofisticazione alimentare, per il quale entrambi gli autori fecero ricerche accurate. Nel romanzo, il protagonista Gigi Vianello distribuisce prodotti adulterati (cibo, erboristeria, pulizia del corpo) e vive al riparo nel suo ristorante finché il passato non torna a tormentarlo, come avviene a Toni Servillo nel film Una vita tranquilla (di Claudio Cuppellini, 2010).
“Passione civile e veemenza della trama possono convivere in un preciso equilibrio narrativo? In una quindicina di anni e di romanzi, Massimo Carlotto ci ha ampiamente dimostrato che è possibile”. <119
A Torino e al mondo del consumo a tutti i costi, quasi un grido disperato di una donna che invidia le veline e il Grande Fratello è Niente più al mondo (2004) mentre con Respiro corto (2012) Carlotto fa un omaggio alla Marsiglia del suo amico Izzo, con una sorta di Alligatore al femminile (seppure entro i ranghi delle forze dell'ordine), Bernadette Bourdet, un commissario della narcotici che ascolta solo Johnny Hallyday e comanda una squadra di agenti reietti, cacciati da tutti i commissariati.
Con La via del pepe. Finta favola africana per europei benpensanti (in collaborazione con Alessandro Sanna, 2014) Carlotto compie un'operazione oltre il suo stile noir, scrivendo una fiaba - pur sempre nera - e moderna che rimanda a Le irregolari. Entrambe le esperienze, infatti, quella dei desaparecidos argentini e quella dei desaparecidos africani, sono narrate da Carlotto attraverso la medesima operazione: scavare nell'oblio della storia per disseppellire la memoria di persone che scompaiano nel nulla, nel silenzio e con la complicità delle democrazie occidentali. Se il regime dittatoriale argentino pianificava nei minimi dettagli la scomparsa degli oppositori, i regimi democratici europei pianificano da almeno vent'anni la sistematica scomparsa dei migranti africani nel mar Mediterraneo. <120
Il turista (2016) è un thriller anomalo, dove Carlotto sceglie di contrapporre la figura di un abile serial killer che compie un errore e di un ex commissario, che ha già commesso un grave sbaglio nel passato e vede ora l'occasione giusta per riscattarsi.
Carlotto ha spesso analizzato il proprio lavoro, raccontando il suo metodo, il noir mediterraneo e il suo stile di scrittura, in una meta-narrazione fondamentale per capire il suo modus operandi. Con The black album (2012), una lunga conversazione con Marco Amici, Massimo Carlotto ripercorre i temi nodali del genere e gli aspetti centrali della sua scrittura, in cui troviamo rappresentati i profondi cambiamenti avvenuti nell'universo criminale e il ruolo dell'Italia nei traffici illeciti che attraversano l'Europa. Con Tre passi nel buio <121 (con Luca D'Andrea e Maurizio de Giovanni) in una lunga intervista con l'editor Luca Briasco, i tre scrittori decidono di raccontare nei dettagli come costruiscono le loro storie, quali sono gli ingredienti irrinunciabili e come questi si sono evoluti nel corso degli anni.
Carlotto lavora insieme ad altri autori, scrive racconti all'interno di antologie, crede negli intenti comuni. Si veda Cocaina (2013), scritto insieme a Gianrico Carofiglio e Giancarlo De Cataldo dove gli scrittori affrontano una questione quanto mai fondamentale ma assente dall'agenda dei mass media (si veda l'intervista in appendice).
A più mani compare la quadrilogia Le vendicatrici (con Marco Videtta, 2013) composta dai romanzi dedicati a quattro donne, Ksenia, Eva, Luz e Sara e nel 2018, sempre declinato al femminile, Sbirre (con De Cataldo e Maurizio de Giovanni).
Di molti dei suoi romanzi Carlotto cura l'adattamento teatrale e cinematografico, come per Il fuggiasco, regia di Andrea Manni (2003, soggetto e sceneggiatura), Morte di un confidente in Crimini, regia dei Manetti Bros. (2007, soggetto e sceneggiatura), Little dream in Crimini, regia di Davide Marengo (2009, soggetto e sceneggiatura). Dai suoi romanzi vengono realizzati gli adattamenti cinematografici di Arrivederci amore, ciao (Ita/2006) regia di Michele Soavi e Jimmy della collina (Ita/2006) regia di Enrico Pau. Cura alcuni programmi per la radio, nel 2001 - Il piccolo patriota padovano, riadattamento da Edmondo De Amicis (Radio RAI), nel 2004 - Radio Bellablù, radiogiallo di Massimo Carlotto e Carlo Lucarelli, a cura di Sergio Ferrentino (RAI Radio 3) e nel 2006 - Vincenzo De Paoli e il pascià Ulug Alì, in Dialoghi possibili, regia di Giuseppe Venetucci (RAI Radio 3).
Paragonato a Ellroy per la violenza deflagrante, la chiave dell'opera di Carlotto “volta più all'impegno etico che alla ricerca estetica”, <122 secondo Gian Paolo Giudicetti è condivisibile là dove si impernia nella descrizione dell'esperienza individuale con personaggi-diaframma grazie ai quali viene raccontata la Storia, come nei romanzi Il giorno in cui Gabriel scoprì di chiamarsi Miguel Angel e Le irregolari, entrambi scritti di denuncia sulla dittatura argentina.
Le sue opere mostrano spesso un'altra faccia della storia di un crimine, quella del delinquente. In Arrivederci, amore ciao la storia viene enucleata dal punto di vista di Caino, dietro l'apparenza della ricchezza del Veneto si nasconde lo sfruttamento della politica come strumento per ottenere successo, economia legale e illegale si mescolano, nuove mafie, vecchi terroristi, tutti si ripuliscono per dare l'apparenza della “locomotiva del nordest”.
L'Europa, e in particolare l'Italia, ha utilizzato tradizionalmente il genere poliziesco come mezzo per descrivere la realtà sociale ed economica: da Gadda a Sciascia, a Scerbanenco fino ai più recenti Camilleri, Fois, Lucarelli. Lo stesso Carlotto ravvisa questa visione politica come una “tendenza letteraria” <123 del genere noir.
[NOTE]
112 Barbara Pezzotti, “Alligator is back, Massimo Carlotto and the north-east, the Corroded Engine of Italy”, p.324-35 in Storytelling: A Critical Journal of Popular Narrative, 10.1 (2010): 33-49
113 Franca Pellegrini, “Il giallo contemporaneo. Memoria e rappresentazione dell'identità nazional-regionale” in Monica Jansen, Yasmina Khamal, Memoria in noir. Un'indagine pluridisciplinare, Peter Lang, Bruxelles, 2010, p.218
114 Edizioni e/o, introduzione a La banda degli amanti
115 Antonio Emiliano Di Nolfo, Sulle tracce del Noir. L'itinerario di Massimo Carlotto, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Sassari, 2004-2005
116 Massimo Carlotto, Nessuna cortesia all'uscita, Roma, edizioni e/o, 1999 p.24
117 Claudio Milanesi, “L'Alligatore, il nordest come metafora” in Italies, 4, 2000, pp. 673-685
118 Il titolo dell'inchiesta è Servitù militari
119 Sergio Pent  - Tuttolibri/La Stampa
120 https://www.carmillaonline.com/2015/04/28/i-desaparecidos-del-mediterraneo-e-la-via-del-pepe-di-massimocarlotto-e-alessandro-sanna/
121 Massimo Carlotto, Luca D'Andrea, Maurizio De Giovanni, Tre passi nel buio. Il noir, il thriller e il giallo raccontati dai maestri del genere, Roma, Minimun Fax, 2018
122 Gian Paolo Giudicetti, “La narrazione nelle opere di Massimo Carlotto. Impegno etico e affermazione dell'io”, in Monica Jansen, Inge Laslots, Dieter Vermandere (a cura di) Noir de Noir, op.cit., p.103
123 Il concetto di tendenza espresso da Walter Benjamin in L'autore come produttore, Torino, Einaudi, 1973
Giuditta Lughi, Il noir mediterraneo come strumento di investigazione del reale. Il caso di Massimo Carlotto, Tesi di laurea, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, Anno accademico 2019-2020

venerdì 1 luglio 2022

Le autorità italiane disposero l'arresto di Pignatelli per sottoporlo ad interrogatorio


[...] Nell'ottobre 1943 Borghese aveva già a disposizione 1000 uomini i quali vennero divisi in tre reggimenti di fanteria marina: il San Marco, destinato al fronte, il San Giorgio (costituito da anziani e mutilati) per la difesa costiera e un battaglione di Nuotatori Paracadutisti (N.P.) denominato ''Folgore''<64. Nonostante l'attivismo del Comandante e i suoi buoni rapporti con i tedeschi, che gli costeranno anche contrasti con gli altri gerarchi della RSI e addirittura alcuni giorni di carcere, solo il Battaglione Barbarigo, e al costo di dure perdite, riuscì ad ottenere l'autorizzazione a combattere sul fronte nel corso della battaglia di Anzio <65. Gli uomini della Decima furono impiegati principalmente in azioni contro i partigiani mettendosi in luce non solo per la particolare violenza ma anche per i numerosi abusi compiuti nei confronti della popolazione civile <66. Coloro i quali, pertanto desiderassero partecipare ad azioni dirette nei confronti degli Alleati avevano una sola opportunità: essere impiegati dai servizi segreti tedeschi con compiti informativi e di sabotaggio oltre le linee nemiche.
I futuri agenti venivano avvicinati da reclutatori (sia tedeschi che italiani) per azioni dirette esclusivamente dall'Abwehr o dal SD oppure venivano scelti dalle organizzazioni della RSI in azioni concordate con i tedeschi <67. Ad esempio possiamo citare il tentativo del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio della RSI, Francesco Barracu, di organizzare un gruppo di persone di fiducia, capitanate da padre Luciano Usai, con lo scopo di costituire una rete informativa politico-militare e di propaganda in Sardegna, sua regione di origine <68. Il gruppo venne addestrato e in seguito paracadutato nell'isola dall'Abwehr ma anche questa iniziativa tuttavia fallì poiché il gruppo venne arrestato dalle autorità alleate <69.
Ma quali erano le modalità di azione degli agenti inviati dai servizi tedeschi? Innanzitutto si deve distinguere da agenti sabotatori, ''lasciati indietro'' in seguito alla ritirata dell'esercito, muniti di esplosivi per specifiche missioni e in contatto diretto o attraverso intermediari con agenti muniti di radio-trasmittente, dagli agenti di spionaggio, solitamente inviati in missione attraverso le linee con il compito di osservare posizioni e numero di truppe, mezzi e sedi nemiche <70. Una terza categoria è invece l'agente doppiogiochista, il cui rendimento, secondo una relazione del controspionaggio del SIM era «difficilmente accertabile» <71. È probabile però che chi si presentava ai comandi alleati «di sua volontà, raccontando i particolari più minuti della sua missione [potesse] essere in azione di doppio gioco, specie per attività di carattere politico che fermentano e si irradiano in specie dai campi di concentramento ove di solito l'agente viene per principio avviato» <72. L'attività di CS era dunque indispensabile per contrastare le azioni nemiche. Essa, secondo il SIM, era dotata di "due armi: l'indagine e l'interrogatorio: quest'ultimo è la base e l'arma più decisiva; occorre imporre la propria supremazia morale e di capacità all'interrogando e non dimenticare di essere abbastanza curiosi e precisi secondo una logica corroborata dal sapere e dalla volontà. Gli schemi per gli interrogatori sono noti: essi sono dovuti al fatto che un interrogatorio deve fornire gli elementi più numerosi che sia possibile per le operazioni repressive successive e gli interrogatori conseguenti. L'interrogatorio vale per quello che apporta all’attività controinformativa non per quello che interessa direttamente l'agente inquisito, ormai individuato. Nei riguardi dell'agente inquisito l'interrogatorio è un dovere per la giustizia; nei riguardi di ulteriori azioni controinformative è sopratutto una necessita procedurale che comporta - in caso di trascuratezza - responsabilità di ordine morale e professionale. Sino ad ora in questo servizio l'informatore più sicuro è l'agente stesso con il vantaggio che - grazie alla capacità ed all'abilità di chi lo esamina - l'informazione ottenuta è controllata e indiscutibile" <73.
Analizzare un interrogatorio di un agente nemico è pertanto un utile strumento per comprendere sia le modalità di reclutamento, di addestramento ma anche per capire la personalità, le motivazioni e i desideri di coloro i quali decidevano di arruolarsi nei servizi di intelligence tedeschi, oltre che ovviamente per cercare di capire come operavano e cosa erano interessati a conoscere i servizi alleati (e italiani).
Un esempio utile può essere l'interrogatorio di Giorgio Pisanò, arruolatosi nel 1943 come paracadutista nella Decima Mas e nel dopoguerra giornalista, saggista, parlamentare e importante esponente del Movimento Sociale Italiano. Un caso non unico tra gli appartenenti al partito ad aver svolto attività di intelligence. L'agente che lo interrogò nel 1945 lo descrisse come «fervent fascist but claims for him Fascism represents Italy. He is intelligent, courageous and very observant. He is anxious to serve his country. Says he would prefer to be tried by Allies, even if it means going before a firing squad» <74. Come molti altri «ardenti fascisti» come lui, si era arruolato nella Decima Mas «partly because he wanted to do something spectacular for his country, and partly because 10th MAS was entirely Italian, and not under the away of the Germans» <75. Sono proprio i tedeschi però, nel giugno del 1944, ad offrire a Pisanò e al suo battaglione di paracadutisti la possibilità di essere addestrati per «lavori speciali» per i quali erano necessari «uomini di coraggio» <76. Al corso di spionaggio, tenuto da istruttori dell'Abwehr, Pisanò e i suoi compagni vennero istruiti nel riconoscimento di aerei, navi, carri armati, armi, uniformi, nel distinguere i distintivi delle unità e delle formazioni, nella lettura delle mappe e nello studio delle fotografie. Completato il corso di durata mensile, a Pisanò venne assegnata una missione in Puglia con il compito di «tenere gli occhi aperti» e notare i distintivi di truppe, veicoli e segnare la loro appartenenza alle truppe britanniche, americane, canadesi o indiane. Gli vennero fornite ventimila lire ed un fazzoletto necessario per il suo riconoscimento nel momento in cui sarebbe tornato presso i comandi tedeschi. In caso di fermo o cattura avrebbe dovuto raccontare di aver lavorato per l'organizzazione Todt ed essere scappato per cercare di raggiungere i familiari nel Sud Italia <77. La sua missione tuttavia fallì miseramente dato che, giunto nei pressi di un comando alleato in Toscana per ottenere i permessi necessari per raggiungere la Puglia, il suo nome e quello del suo compagno di viaggio risultarono essere presenti nelle liste degli agenti nemici <78. Secondo il sergente statunitense responsabile del suo interrogatorio, Pisanò, quando era stato interrogato dal SIM, si era rifiutato di ammettere di essere un agente, riferendo inoltre una storia differente a quella raccontata in precedenza. Negava inoltre di aver partecipato ad altre missioni anche se i compagni di cella riferivano che egli si fosse vantato di averne portato a termine due <79.
3. Sicilia e Sardegna: tra organizzazioni fasciste e rivolte anti-alleate
Fu nel corso del 1944 che i gruppi fascisti presenti nel Sud Italia cercarono di passare dallo spontaneismo all'organizzazione vera e propria, anche grazie ai collegamenti e i contatti che potevano crearsi tramite gli agenti inviati dai servizi di intelligence tedeschi.
Ancora una volta le isole furono capofila del movimento. Nel corso dei primi mesi del 1944, presso Sassari, le forze di sicurezza alleate e italiane arrestarono alcuni militari e civili di sentimenti fascisti che tentavano di raggiungere il continente <80. Un caso analogo a quello descritto in precedenza vista la loro appartenenza al Comitato regionale fascista. La loro attività si era però evoluta anche grazie al giornale propagandistico stampato in proprio e intitolato «La voce dei giovani» <81. Nella copia requisita dalle autorità leggiamo che il gruppo non era «legato ad alcun partito» e che il loro unico obiettivo era quello di perseguire il «bene della patria» <82. Non rivendicavano la propria appartenenza al fascismo ma il loro giornale clandestino attaccava direttamente gli Alleati, il governo di Badoglio e i partiti che facevano parte del Comitato di Liberazione Nazionale <83. Gli arrestati erano stati inoltre trovati in possesso di un memoriale sulla situazione della Sardegna post-armistizio, una lettera destinata al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio della RSI, Francesco Barracu, e un cifrario <84.
Il tentativo organizzato in seguito dallo stesso Barracu di inviare il gruppo di Usai sull'isola potrebbe far supporre che il gruppo, nonostante la cattura degli aderenti, fosse riuscito ad avere un contatto con la terraferma o almeno a far conoscere la loro esistenza ai vertici della RSI. Gli interrogatori ai membri del gruppo Usai condotti dal SIM non ci danno tuttavia alcuna conferma in tal senso <85.
In Sicilia, e in particolare a Catania, gli ex fascisti si erano riuniti in un partito, il Movimento Unitario Italiano (MUI) il cui nome tentava di mascherare le vere finalità del gruppo.
Esso si presentava come contraltare al Movimento per l'Indipendenza Siciliana (MIS) di Andrea Finocchiaro Aprile e alle diverse tendenze separatiste presenti nell'isola come anche si evince dal manifesto che invitava all'adesione al partito:
"Cittadini, mentre la Patria geme così prostrata e sanguinante che soltanto l'amore operoso e concorde di tutti gl'Italiani può mendicarne le piaghe e risollevarne le sorti, taluni, affamati dal tornaconto, vorrebbero accrescerne le sventure reclamandone la mutilazione. […] È infatti, illusione calcolare che l'indipendenza (?) della Sicilia vi arresterebbe o frenerebbe il progresso della giustizia sociale, preservando intatta ogni smodata illecita ricchezza. Ci siamo perciò radunati e Vi chiamiamo a raccolta per impedire di essere fuorviati dal corso della Storia ed esposti a maggiori calamità. L'unità d'Italia deve essere difesa ad ogni costo. Il Paese ha bisogno non di scissioni fratricide ma di raccogliersi in pacifico e fecondo lavoro per risorgere nel clima dell'ordinata libertà e della sana democrazia per ricostruirsi nello spirito di una concreta attuazione dei diritti del lavoro. La nostra stessa libertà, la possibilità di un giusto ordine sociale sono indissolubilmente collegate all'unità. Il separatismo è un pericolo" <86.
La realtà era invece diversa: secondo la Prefettura di Catania l'obiettivo del gruppo era quello di riorganizzare il partito fascista «sotto forma repubblicana». Esso infatti svolgeva «intesa propaganda fra gli ex fascisti e studenti […] riuscendo ad ottenere l'adesione di varie migliaia di persone e l'iscrizione all'organizzazione di circa 3000 individui compresa la sezione femminile» <87. Non solo, secondo il SIM, svolgevano anche attività di «penetrazione negli altri partiti per portarvi la disgregazione» <88. Non stupisce dunque che due membri del partito vennero arrestati dagli Alleati mentre tentavano di varcare le linee per cercare un contatto con le autorità nazifasciste <89.
La presenza di gruppi fascisti in Sicilia è d'altronde, come abbiamo visto, favorita dalla difficile situazione in cui si trovava l'isola, divenuta terreno fertile per la propaganda fascista, sia proveniente da elementi interni che dalla Repubblica di Salò. Il SIM si dimostrava preoccupato per il malcontento crescente provocato dalla presenza delle forze armate alleate nell'Italia meridionale, dal costo della vita elevato, dalla mancanza di cibo e dal mercato nero, che veniva sfruttato dai fascisti «per la loro propaganda», la quale faceva breccia specialmente tra i giovani <90.
Propaganda che non si limitava ad essere ''endogena'', manifestandosi tramite volantini e giornali propagandistici scritti a mano o stampati clandestinamente e scritte murali inneggianti al Duce e contro gli Alleati e il governo Badoglio, ma anche tramite volantini aviolanciati dagli aerei tedeschi nel Sud Italia e tramite le trasmissioni di Radio Tevere. Si trattava di una radio della Repubblica Sociale che aveva iniziato le sue trasmissioni nel giugno 1944 e che aveva assunto quel nome per dare l'impressione di trasmettere clandestinamente dalla Capitale, nonostante la presenza degli Alleati, ma che in realtà aveva sede a Milano. In particolare le trasmissioni repubblichine ponevano l'attenzione e ingigantivano la portata della attività di sabotaggio e di proteste contro gli Alleati che avevano luogo nel Sud Italia, fedeli alle parole pronunciate da Mussolini nel discorso al teatro Lirico di Milano il 16 dicembre 1944: «Quando noi, come soldati della Repubblica, riprenderemo contatto con gli Italiani di oltre Appennino, avremo la grata sorpresa di trovare più fascismo di quanto ne avevamo lasciato» <91. Si mettevano in risalto ad esempio le azioni del mitico ''o' scugnizzo'', sorta di Robin Hood fascista che metteva in difficoltà gli Alleati e la cui identità non dovrebbe probabilmente riferirsi ad un'unica persona ma ai diversi gruppi e singoli, in particolare giovani e giovanissimi, che si attivarono per sabotare l'avanzata degli angloamericani <92.
Furono proprio i giovani ad essere protagonisti della più seria rivolta avvenuta nel territorio italiano controllato dagli Alleati nel corso del secondo conflitto mondiale, e viste le premesse, non poteva che essere la Sicilia il suo luogo di origine. La classica goccia che fece traboccare il vaso fu la pubblicazione del provvedimento di chiamata alle armi per le classi dal 1914 al 1924 e che scatenò le proteste e i moti del ''non si parte'' <93. Un documento redatto dal Commissario della Commissione Alleata di Controllo in Sicilia, H. Carr, ci aiuta a capire l'evolversi della situazione nel dicembre 1944: "Widespread demonstrations and disturbances have occurred throughout the island during the period from approximately 10 DEC[ember] to date [20 Dicembre]. So far demonstrations with or without damage and conflict have been reported at approximately 55 places. Damage to public buildings at CATANIA was serious. […] Casualities so far have not been serious and to date might be estimated as 4 dead and 31 injured, mainly civilians. […] The demonstrations have been directed mainly against the present call-up of military classes. In a few cases the question of grain and bread may have been the sole or partial cause, and I feel that the difficult economic conditions are an underliyng contributary cause to all these disorders. In my opinion the primary reason for the resistance to the call-up is that the Sicilian does not want to fight. Secondary reasons are that the terms of the Armistice have not been made known, that the Sicilian does not want to fight to free the Mainland of the Germans, he does not relish leaving his family on a small allowance when food is scarce and prices prohibitive, he does not wish to fight for the existing Italian Government and so forth" <94.
Per il Commissario la rivolta non aveva dunque motivazioni politiche, nemmeno di tipo separatista anche se non escludeva la presenza di esponenti del MIS tra i fomentatori delle proteste. Allegava alla relazione però un interessante volantino propagandistico che era stato distribuito in città e provincia:
"GIOVANI SICILIANI!
Ancora una volta dopo lunghi anni di guerra, di sciagure e di miseria, si chiede, contro la volontà di un popolo, di spargere il nostro sangue. Come ieri il vile monarca ci impose di morire per la conquista di altri Imperi, oggi con la stessa viltà, ci impone di conservargli col nostro sacrificio quella corona che non ha il diritto di tenere, per il suo alto tradimento al popolo tutto. A noi giovani si uniscano le nostre madri ed i nostri padri. Il popolo tutto formi un blocco compatto per difendere questa gioventù vanamente destinata al macello. Noi non impugneremo le armi.
GIOVANI DI SICILIA,
siate tutti solidali nell'esprimere la vostra volontà non presentandovi. Pace Pane e Lavoro: Ecco quello vogliamo!"
Il contenuto del volantino si presenta dunque come fortemente antimonarchico e proponeva inoltre la tesi fascista del tradimento di Vittorio Emanuele. Questo spinge dunque ad indagare più approfonditamente sulla natura della rivolta, che sicuramente nacque come moto di protesta contro la leva ma che ebbe risvolti diversi. La rivolta non si limitò infatti alla provincia di Catania ma si propagò nei primi giorni di gennaio nella vicina provincia di Ragusa. Secondo una relazione dell'OSS inoltre, il malcontento della popolazione fu sfruttato «dai fascisti locali che ancora occupano gli uffici pubblici e dai fascisti recentemente rilasciati dai campi di internamento alleati» <95. Le rivolte ebbero carattere violento e soprattutto godevano di una certa organizzazione. Vennero assaltati gli edifici pubblici, compresa la Prefettura che venne presa d'assedio, nonché i camion di Carabinieri e dell'esercito italiano, i quali spesso non opposero resistenza <96. Le rivolte assumono un'importanza ancora maggiore se corrisponde al vero quanto riportato nella stessa relazione, a proposito della presenza di nazifascisti inviati dal Nord a Comiso, piazzaforte della rivolta. «The presence of Nazi-Fascist agents - scrive il relatore della nota - is proved by the fact that Fascist broadcasts gave details of the riot on the same day it broke out» <97. La dettagliata relazione dello Psychological Warfare Branch britannico era invece più cauta nel dare per scontata la presenza di attori non siciliani nelle rivolte, anche se sottolineava che il «recente revival del fascismo e delle agitazioni fasciste e naziste», fosse da annoverare tra le cause scatenanti le sommosse <98.
La rivolta venne stroncata dall'intervento dell'esercito italiano il quale però non riuscì ad eliminare del tutto i rigurgiti fascisti presenti nell'Isola. Solamente qualche giorno più tardi infatti, in un teatro di Palermo comparve il giornale clandestino dal titolo chiaramente fascista «A noi!-Foglio del partito fascista repubblicano sezione di Palermo». Il gruppo che stampava il foglio era composto da studenti giovanissimi (dai 16 ai 21 anni) i quali in precedenza avevano avuto contatti con il movimento politico Lega Italica, un partito sorto a Caltanissetta nel novembre 1944, di sentimenti monarchici, ma che in realtà nascondeva un'organizzazione fascista <99. Oltre alla vuota retorica che caratterizza la prima parte del giornale, la seconda parte, invece, intitolata «Perché siam fascisti?» è utile per comprendere le ragioni che spinsero alcuni giovani a lottare per la morente causa fascista (sia nel Sud Italia sia a fianco della Repubblica di Salò) e soprattutto è sorprendente per come, già nei primi mesi del 1945, fosse stata elaborata quella visione del fascismo che caratterizzerà molti dei giovani che aderiranno, nel dopoguerra, al Movimento sociale italiano:
"Molto spesso ci sentiamo chiedere: Perché siete fascisti? Perché vi fate difensori di un partito che ha perso oramai l’ultima battaglia? […] [Q]uel che ci preme adesso precisare è che noi non difendiamo un partito. È morto il partito nazionale fascista: su questo tutti d'accordo. Ma non si è spenta l'idea originaria, non è trapassato lo spirito rivoluzionario del fascismo; e di questa idea, di questo spirito ci sentiamo depositari, proprio noi, giovani di fede incrollabile che del fascismo abbiamo fatto la religione della nostra giovinezza e la nostra forza. Noi siamo fascisti […] perché il fascismo è giovinezza perenne, morale eroica di vita, audacia senza confini; perché fascismo è decoro della Patria, vaticinio sicuro di ogni vittoria; infine, perché fascismo significa Italia!" <100
Un'elaborazione dello spirito fascista molto simile dunque a quel «non rinnegare e non restaurare» in auge tra i neofascisti nei primi anni di vita del MSI e che contraddistingue la memorialistica dei reduci di Salò <101.
4. I movimenti fascisti nel Sud e la rete Pignatelli
Per descrivere i movimenti fascisti che si svilupparono nella Penisola italiana in concomitanza con l'avanzata alleata, si deve fare un passo indietro e ritornare agli ultimi mesi del 1943. Significativamente fu in Calabria, dove si era stabilito il già citato Valerio Pignatelli, e in particolare nelle cittadine di Nicastro e Sambiase (ora Lamezia Terme), che si videro i primi episodi di ripresa dell'attività fascista. Già nell'ottobre del 1943 un gruppo di giovani aveva organizzato degli attentati contro i giornali antifascisti «Era Nuova» e «Nuova Calabria», oltre a lanci di bombe a mano corredate da volantini inneggianti al fascismo <102.
Anche qui, come già in Sicilia e Sardegna, i primi gruppi erano soprattutto organizzazioni locali formate da qualche decina di aderenti i quali però cercavano di entrare in contatto sia tra di loro che con il Nord Italia. Casi esemplari, ad esempio, i gruppi scoperti dal SIM in Puglia in collaborazione con il Field Security Service e con il Counter Intelligence Corps. Il primo, e il più importante, è il caso del gruppo scoperto a Lecce nel gennaio del 1944. Un brigadiere del SIM era riuscito ad infiltrarsi tra gli aderenti fingendosi un agente dei servizi della Repubblica Sociale Italiana in collegamento con altri elementi fascisti presenti a Brindisi e, a loro volta, a disposizione di una trasmittente dotata di potenza sufficiente da raggiungere il Nord. Superando le diffidenze iniziali da parte dei giovani animatori dell'organizzazione, l'agente riuscì a ottenerne la fiducia facendo incontrare un loro esponente con il sedicente rappresentante del gruppo di Brindisi (in realtà un altro agente del SIM) e promettendo di farsi accompagnare da un loro uomo nel momento in cui sarebbe ritornato nel Nord per fare rapporto sulla sua missione <103. La sua attività sotto copertura permise di capire l'effettiva consistenza e gli scopi del gruppo: era nato nel mese di novembre del 1943 tra i giovani ex appartenenti alla Gioventù Italiana del Littorio e ai Gruppi Universitari Fascisti, inizialmente per discutere di politica. In seguito all'aumento di aderenti e simpatizzanti (circa 300 secondo i capigruppo, anche se in seguito gli arrestati saranno 38), venne deciso di creare una vera e propria organizzazione clandestina suddivisa in cinque gruppi. «Ogni capo-gruppo conosceva solo i propri dipendenti. Le riunioni e le decisioni erano prese da un consiglio formato dai capi-gruppo, questi poi comunicavano le decisioni agli elementi dei propri gruppi» <104. L'organizzazione si poneva come obiettivi quelli di:
"- organizzare una vasta rete di informatori allo scopo di raccogliere e fornire notizie di carattere militare all'esercito repubblicano fascista;
- fare opera di disturbo con azioni armate qualora i nazisti [sic!] avessero avuto il sopravvento;
- preparare ordigni esplosivi per effettuare atti di sabotaggio nelle retrovie alleate" <105.
Le intenzioni del gruppo rimanevano tuttavia solo sulla carta per la mancanza di adeguati mezzi finanziari a disposizione nonché per la scarsità di munizioni e materiale esplosivo da adibire al sabotaggio di eventuali obiettivi strategici individuati dai servizi nazifascisti <106. Il gruppo pertanto si dedicò prevalentemente alla scrittura di manifestini di propaganda fascista nonché, per il tribunale militare di Bari che li giudicò nel giugno del 1944, all'attività più grave, ovvero «alla raccolta e al tentato invio nell'Italia occupata, di informazioni riguardanti: la situazione politica attuale; l'aeroporto di Galatina […] e altre notizie di carattere militare» <107. Soprattutto per questo le autorità italiane e alleate decisero di stroncare sul nascere l'organizzazione, utilizzando come pretesto (e come ulteriore prova) il tentativo di uno dei capigruppo, Fabio D'Elia, di oltrepassare le linee alleate assieme all'agente sotto copertura del SIM <108. Dei 38 arrestati solamente 9 (gli esponenti principali) vennero condannati, anche se a pene gravi che variavano dai 6 ai 20 anni di carcere per reati di spionaggio, favoreggiamento bellico e ostilità ai danni degli Alleati <109.
Contemporaneamente a Squinzano, a circa 20 chilometri da Lecce era attiva, almeno all'apparenza, un'ulteriore organizzazione e che prendeva il nome di «Comitato segreto di azione del partito fascista repubblicano». Il suo capo-zona era un certo Enzo Politi, ex ufficiale dell'esercito, il quale sosteneva di essere in contatto con il capo politico del movimento, l'ex ispettore federale del PNF Francesco Fato. Secondo Politi, il movimento, presente nelle provincie di Lecce, Brindisi e Bari, avrebbe goduto di addirittura 18000 aderenti i quali potevano contare di un arsenale composto da «3000 moschetti (dati in consegna a 3000 aderenti, facenti parte del personale fidato a disposizione); 84000 caricatori (distribuiti in ragione di 28 per ciascuna persona); 1000 tra fucili mitragliatori, pistole mitragliatrici e fucili automatici di marca varia, ma di calibro uniforme» <110. Le dichiarazioni di Politi suscitavano molta perplessità da parte del SIM e degli Alleati, soprattutto perché sembrava strano che il gruppo leccese, a cui inizialmente si pensava appartenesse Politi, non sapesse dell'esistenza di un'organizzazione a loro così geograficamente vicina, apparentemente molto più sviluppata ed equipaggiata. Politi pertanto venne ritenuto dal SIM un millantatore anche se le autorità alleate disposero l'arresto di dieci persone (compresi sia Politi che Fato), le quali però vennero in seguito rilasciate per insufficienza di prove <111.
La decisione del tribunale italiano non venne colta con favore dalle autorità della Commissione Alleata di Controllo. In particolare le autorità italiane vennero accusate di aver protetto i militari implicati nei gruppi fascisti. La presunta imparzialità delle corti militari italiane venne pertanto sfruttata dall'amministrazione militare alleata per reclamare, a favore delle proprie corti, il diritto di giudicare casi simili <112. Fu questo dunque il caso del gruppo scoperto sempre in Puglia, a Barletta, e che portò, nel mese di aprile, all'arresto di una quindicina di appartenenti al gruppo. L'organizzazione era sorta nel settembre del 1943 con lo scopo di:
"- combattere con tutti i mezzi ed in tutti i modi possibili gli invasori angloamericani ed i loro prezzolati alleati;
- tenere sempre desta nel popolo con opera e propaganda la fede nella vittoria delle armi ricostituite dell'Italia fascista repubblicana;
- preparare armi e materiale di sabotaggio;
- seguire attentamente l'attività dei partiti antifascisti, tenendosi pronti ad entrare in azione qualora si fosse presentata l'occasione favorevole" <113.
La perquisizione svolta dagli agenti del SIM aveva portato alla luce importanti documenti come lo statuto dell'organizzazione contenente la formula del giuramento, lo scopo dell'organizzazione, gli organi direttivi e di controllo, i doveri degli iscritti, lo schedario cronologico degli aderenti; un diario del gruppo contenente la data e il luogo delle adunate, le questioni discusse, provvedimenti adottati e inoltre un libro cassa contenente il pagamento delle quote versate dagli aderenti e le spese sostenute <114. L'aderente doveva dunque giurare, nel nome di Dio e dell'Italia, "di eseguire gli ordini del Duce e di servire con tutte le mie forze e se necessario col mio sangue la causa della Rivoluzione fascista. Giuro inoltre di osservare lealmente lo statuto del Gruppo a cui appartengo; di adempiere a tutti i doveri del mio statuto al solo scopo del bene inseparabile del Duce e della Patria fascista e repubblicana; di non tradire giammai i miei camerati e di non svelare a nessuno i segreti del mio partito" <115.
Non si conosce l'esito giudiziario della vicenda, pertanto non si possono fare paragoni sulla maggiore o minore durezza delle corti alleate rispetto ai tribunali italiani. Ciò che risulta sicuro è l'internamento degli aderenti al movimento, assieme ad altri fascisti giudicati pericolosi, nel campo di Padula in provincia di Salerno <116.
Anche in Calabria, come abbiamo visto, erano attive cellule fasciste le quali, grazie all'azione di Valerio Pignatelli e di persone a lui fedeli, rappresentarono il gruppo più attivo, collegato e pericoloso presente nel Sud Italia <117. Gli attentati compiuti dai giovani a Nicastro avevano allertato i Carabinieri, i quali decisero di indagare sui responsabili, soprattutto perché non furono atti isolati ma perdurarono sino alla seconda metà di aprile del 1944 <118. Alcuni giorni dopo vennero arrestati 60 giovani e giovanissimi residenti delle province di Cosenza, Crotone e Catanzaro con l'accusa di «aver ricostituito il partito fascista svolgendo attiva propaganda» <119. Alcuni di essi vennero inoltre trovati in possesso di armi, munizioni e ordigni esplosivi.
Come era riuscito quel gruppo, composto da giovani provenienti da diversi paesi e province a concretare azioni comuni e condivise? In Calabria, così come in Puglia, già nell'ottobre del 1943 si erano costituiti autonomamente diversi gruppi clandestini di giovani fascisti. Il gruppo di Catanzaro, il più sviluppato, riuscì a dicembre a mettersi in contatto con gruppi analoghi presenti a Cosenza e, soprattutto, con il tenente Pietro Capocasale, ufficiale dell'esercito italiano e capo del gruppo di Petronà (CZ), il quale grazie alle sue conoscenze di carattere militare (conosceva la collocazione dei depositi di munizione e di carburante del 31° corpo d'armata italiano) e familiare (era cugino di appartenenti a gruppi fascisti di Nicotera e Soverato) ben presto divenne uno dei leader dell'organizzazione <120. Nello stesso mese di dicembre il gruppo di Catanzaro, al quale nel frattempo era stato posto a capo l'ex segretario di Barracu Antonio Corda, aveva inoltre inviato due paracadutisti oltre le linee, con l'obiettivo di raggiungere Roma ed interloquire con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio della RSI. Uno dei due, tale Toni Battistini, sembra fosse riuscito a compiere la missione, dato che il 24 aprile, in una trasmissione di Radio Roma era stata riportata la presenza di un paracadutista il quale, arrivato dal Sud Italia, e presentatosi al Comando Tedesco, aveva dichiarato che «nella regione italiana occupata dalle truppe angloamericane non ci sono italiani volontari; gli arruolati sono solo coloro i quali sono stati obbligati dalla fame. A Catanzaro un gruppo di paracadutisti ha distrutto la tipografia di un giornale comunista e picchiato il direttore, Paparazzo» <121. A Cosenza, dove l'organizzazione sembrava essere sviluppata maggiormente, si trovava il capo dell'organizzazione calabrese, l'avvocato Luigi Filosa <122. Capocasale intratteneva i contatti con Filosa tramite Giuseppe Scola figlio del braccio destro di Filosa, Arturo. Come si è visto, i rapporti famigliari erano fondamentali per tenere i contatti tra i diversi gruppi e come dimostra anche il fatto che il fratello di Arturo, Attilio, fosse il collaboratore del capogruppo di Crotone, Gaetano Morelli <123.
L'attività dell'organizzazione, come scrive una relazione dell'OSS, si era sviluppata sempre di più e con maggiore violenza:
"Fra ottobre e aprile ci furono svariati casi di dimostrazioni contro gli Alleati e quindici casi di uso di esplosivi in attentati terroristici eseguiti con lo scopo di costringere la popolazione locale a sottomettersi e convincersi della forza della causa fascista. Questa campagna di violenza culminò in aprile in un attentato eseguito contro un preminente antifascista, l'Ing. Nicotera, attentato rimasto senza successo, e in un altro attentato, in cui, nella notte del 22 aprile in Sambiase, due bombe furono gettate, una delle quali contro un carabiniere. Vi era anche l'intenzione di far saltare il municipio ed un importante ponte" <124.
Questa escalation avrebbe dovuto portare, il 5 maggio 1944, all'inizio delle operazioni di guerriglia contro gli Alleati. Il giorno in cui sarebbe dovuta partita l'operazione era stato trasmesso tramite un messaggio in codice da Radio Roma tra il 20 e il 22 aprile <125.
La tanto agognata insurrezione delle forze fasciste tuttavia non ci fu, poiché in quei giorni i Carabinieri si attivarono per arrestare i congiurati. Dagli interrogatori degli arrestati emerse non solo la ramificazione dell'organizzazione in Calabria ma anche che essa aveva propaggini all'esterno del territorio calabrese, tramite il deus ex machina del fascismo clandestino nel Sud Italia, ovvero il principe Valerio Pignatelli <126.
Il principe infatti, si era trasferito con la moglie dalla sua residenza di Sellia Marina, presso Catanzaro, a Napoli. Da qui, con il suo braccio destro, il colonnello Luigi Guarino, ex ardito, teneva i contatti con i gruppi calabresi tramite Luigi Filosa mentre, contemporaneamente, si adoperava per organizzare analoghi nuclei fascisti in Campania grazie all'aiuto di Ferdinando (Nando) di Nardo, ex dirigente dei GUF napoletani e futuro parlamentare del Movimento Sociale Italiano <127. Il gruppo campano più sviluppato era quello napoletano, grazie alla presenza, in particolare, dei giovani che si erano resi protagonisti, ad esempio, di proteste e lanci di manifestini contro gli Alleati <128. Come si è visto, molto probabilmente il gruppo pugliese non era a conoscenza dell'organizzazione di Pignatelli e viceversa. Lo stesso Pignatelli inoltre, in un memoriale scritto nel dopoguerra, nominava solamente i gruppi calabresi e campani anche se potrebbe essere significativo che, nel tentativo di fuggire all'arresto da parte dei carabinieri, Filosa si fosse rifugiato a Bari <129.
Le autorità italiane disposero l'arresto di Pignatelli per sottoporlo ad interrogatorio e capire se ci fossero fondamenti di verità nelle dichiarazioni degli arrestati. Il principe tuttavia, pressoché negli stessi giorni, era stato arrestato dal Governo Militare Alleato assieme alla moglie. Entrambi dovevano rispondere alla grave accusa di spionaggio a favore del nemico <130.
La vicenda, che assume i contorni di una vera e propria spy story, è molto complessa e ancora oggi non molto chiara in alcuni suoi punti. Innanzitutto è necessario ritornare al dicembre 1943, quando Pignatelli si trasferì a Napoli, ufficialmente per motivi di salute, ma in realtà, secondo quanto racconta nel suo memoriale, per adempiere alle istruzioni che gli sarebbero giunte da Barracu <131. Qui il Principe, assieme alla moglie, Maria Elia, figura di primo piano nella vicenda, come si vedrà, erano protagonisti della vita mondana della città partenopea: l'alta classe sociale dei Principi e il prestigio del casato permetteva loro di intrattenere rapporti sia con le autorità italiane, civili e militari, compreso il luogotenente Umberto di Savoia, nonché con le massime autorità alleate come il comandante supremo del teatro d'operazioni del Mediterraneo, il generale britannico Henry Wilson e il diplomatico statunitense Alexander Kirk <132. I Pignatelli riuscirono inoltre a coltivare conoscenze con esponenti dei servizi segreti italiani e alleati, da loro abilmente sfruttate per ottenere informazioni che potessero essere utili per il governo della RSI <133. Secondo il racconto dello stesso Pignatelli, nei primi mesi del 1944, gli fu richiesto di raggiungere il Nord per concordare con le autorità della RSI le strategie da adottare per la lotta nel Sud Italia, pertanto egli si adoperò per cercare di ottenere un lasciapassare dal Governo Militare Alleato. Il tentativo venne stoppato dai «dirigenti del SIM che, conoscendomi bene mi dichiararono fascista» <134. In questo momento dunque entrò in gioco la Principessa che condivideva pienamente le idee del marito e che aveva aiutato ad organizzare il fascismo nel Sud. La preoccupazione per la mancanza di notizie dai figli Emanuele, Vittorio e Bona, avuti nel precedente matrimonio con il marchese Antonio De Seta, e della figlioccia Vittoria Odinzova si dimostrò un utile alibi per cercare in tutti i modi di oltrepassare le linee <135. È proprio grazie alla Odinzova che si presentò la prima opportunità. Maria si mise in contatto a Napoli con il tenente Carlo Cosenza agente dell'OSS, amico della figlioccia, pregandolo di aiutarla a trovare un modo di passare le linee per avere sue notizie. Cosenza si premurò di mettere in contatto la Principessa con un marinaio che avrebbe potuto metterle a disposizione una barca. Il tentativo però venne giudicato troppo pericoloso e perciò accantonato <136. La Principessa, a riprova delle frequentazioni con i comandi militari italiani cercò in secondo luogo di ottenere un aiuto, senza successo, dal generale Guido Accame, agente del SIM anche lui impiegato dall'OSS. Riuscì a guadagnare invece la fiducia dal tenente Andrea Nuvolari (in seguito informatore del SIM sul caso) il quale le confidò informazioni di natura militare anche se non le fu d'aiuto per la sua missione oltre le linee <137. La relazione del SIM che, tra gli altri documenti, ci permette di tracciare i movimenti della principessa, ci consegna un quadro fosco della Pignatelli, descritta quasi come una fattucchiera che con le sue «male arti» riusciva a carpire informazioni strategiche dai suoi interlocutori. È utile notare pertanto come il SIM preferisca screditare la figura della Principessa (adducendo anche ad una presunta condotta morale, secondo l'estensore della relazione, non consona) che analizzare l'operato inadeguato, se non connivente, degli agenti del servizio con cui essa era venuta a contatto <138. Il seguente incontro si rivelò invece decisivo: quello con il sottotenente di vascello Paolo Poletti, anch'egli al servizio dell'OSS. L'ufficiale della Marina, nel corso di una missione a Roma per conto del servizio statunitense nel dicembre 1943, aveva conosciuto Vittoria Odinzova con la quale aveva deciso di sposarsi. Secondo il racconto dello stesso Poletti, i due amanti avevano bisogno dell'approvazione di Maria Pignatelli <139. È anche per questo motivo probabilmente che Poletti, una volta tornato a Napoli, si mise in contatto con i Pignatelli, da lui già conosciuti precedentemente, per portargli notizie della Odinzova <140. Egli divenne un assiduo frequentatore del salotto dei Pignatelli conquistandone man mano la fiducia, peraltro ricambiata, visto che lo stesso Poletti confidò ai Principi la vera natura del suo incarico a Roma per conto dell'OSS. Maria pertanto colse l'occasione per raggiungere il suo obiettivo e, sfruttando il legame dell’agente con la Odinzova riuscì a convincerlo ad aiutarla <141. Poletti pertanto si mise in contatto con l'agente dell'OSS Arthur Mathieu al quale espose la propria preoccupazione per la situazione in cui si trovava la futura moglie asserendo che avrebbe trovato una soluzione anche se ciò avesse implicato l'attraversamento delle linee nemiche. In un memorandum scritto il 16 maggio 1944, lo stesso Mathieu affermava che "Subsequently, ''Paul'' [Paolo Poletti n.d.a.] announced that he had formed a plan, which involved sending a woman across the lines, who would return with his wife and an Italian officer from Austria <142. Both of them would, in addition, bring back valuable information. On being questioned about the security of the mission, ''Paul'' replied that he had absolute confidence in the woman selected, who was the foster-mother of his wife, and that he would ask Major BERDING [a capo dell'X-2 di Caserta] to trust him on this Selection. The plan was presented to Major ROLLER who approved the operation, now called ''Aspen'', and agreed its secrecy would be maintained. Security Officer only was informed. " <143.
Il primo tentativo di oltrepassare le linee da parte della principessa fallì poiché venne arrestata dal Field Security Service britannico e liberata alcuni giorni dopo per l'intercessione dell'OSS <144. Per evitare altri imprevisti, Poletti decise di accompagnare personalmente, il giorno 11 aprile, la Principessa a Sessa Aurunca, nelle vicinanze delle linee nemiche, assieme ad un capitano italoamericano impiegato nell'OSS, Vincent Abrignani. L'obiettivo, dichiarato, della Principessa era quello di presentarsi, una volta passato il fronte, al comando tedesco più vicino, e tramite le proprie credenziali, ottenere di poter contattare Barracu per conoscere la sorte dei propri figli. Poletti consigliò alla Pignatelli che, nel corso dell'interrogatorio a cui l'avrebbero sottoposta i tedeschi, avrebbe dovuto raccontare di essere giunta nella Capitale grazie ad un'autovettura della Croce Rossa e, inoltre, riferire i rumors da lei raccolti a Napoli riguardanti il territorio italiano occupato dagli Alleati <145. La missione principale di Maria era però quella di contattare Barracu, consegnargli una lettera scritta dal marito e ragguagliarlo sulla situazione dell'organizzazione capeggiata dal Principe nell'Italia del Sud. È molto probabile che le credenziali della principessa erano valide dato che, giunta nel comando tedesco di Anagni, non ebbe difficoltà a farsi accompagnare da un ufficiale a Roma nell'abitazione dei Marincola dove era alloggiata la figlia Bona <146. Il giorno seguente la principessa venne interrogata dal Sicherheitsdienst e in seguito accompagnata dal Feldmaresciallo Kesserling <147. Sono proprio alcuni documenti tedeschi, recuperati dagli Alleati all'indomani della liberazione di Firenze, che ci permettono di ricostruire alcuni punti del soggiorno romano della Pignatelli. Nel corso dell'interrogatorio, essa fornì ai tedeschi numerose notizie sulla situazione politico-economica del Sud Italia oltre che notizie di carattere militare, anche se, tranne l'aver rivelato il nome del capo del SIM (Pompeo Agrifoglio), di scarsa rilevanza <148. Gli stessi documenti chiariscono inoltre che, anche se i tedeschi sapevano dell'esistenza di gruppi fascisti nel Sud Italia, non erano a conoscenza del lavoro di coordinamento messo in atto da Pignatelli. Il maggiore delle SS Klaus Huegel, capo dell'Ausland SD in Italia, in un telegramma datato 22 aprile 1944, scriveva a Herbert Kappler rimarcando la necessità di un ulteriore interrogatorio della Principessa, da effettuarsi prima del suo ritorno a Napoli, perché essa poteva rappresentare «a practical starting point for the work in the South. Her report about her way through the front is moreover a proof that such possibilities exist»149. Questo appunto mette anche in luce che una strategia organica per il Sud Italia non era stata ancora adottata da parte dei servizi tedeschi <150.
La principessa nel frattempo, dopo essere riuscita ad incontrare il figlio Emanuele ed informare la figlioccia Vittoria che avrebbe attraversato con lei le linee quando sarebbe tornata a Napoli, si era premurata di incontrare Barracu. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio della RSI, assieme ad un ufficiale tedesco, portò la principessa a Verona, dove avrebbe dovuto incontrare Mussolini. Le testimonianze a questo punto divergono e non è chiaro se la principessa fosse riuscita o meno ad incontrare il Duce <151. L'obiettivo della missione tuttavia venne raggiunto: le autorità della Repubblica Sociale vennero messe a conoscenza della presenza di un movimento clandestino fascista ancora vivo nel Sud Italia e che necessitava dell'aiuto di Salò e dei tedeschi.
Le autorità britanniche tramite la fonte ''SURE'' avevano però, nel frattempo, tenuto d'occhio costantemente le attività della principessa e informato lo Special counter intelligence (Sci) statunitense <152. Il 25 aprile lo Sci arrestò Valerio Pignatelli e due giorni dopo, al ritorno a Napoli, vennero messe in custodia la stessa Principessa assieme a Vittoria Odinzova. Anche Poletti venne incarcerato nel momento in cui stava andando ad avvisare le due donne, da lui ospitate in una ''casa sicura'', dell'arresto del Principe <153. Tutti i protagonisti della vicenda vennero interrogati dal Combined Service Detailed Interrogation Center britannico (CSDIC), una unità formata da agenti del Secret Intelligence Service e ufficiali dell'esercito specializzata negli interrogatori di presunti agenti nemici [...]
64 L. Ganapini, La repubblica delle camicie nere, pp. 62-63.
65 Per la testimonianza di un Marò della Decima sulla battaglia di Anzio vedi il racconto di Fernando Togni riportato in L. Ganapini, Voci dalla guerra civile. Italiani nel 1943-1945, Bologna, Il Mulino, 2012, pp. 142-145.
66 A. Lepre, La storia della Repubblica di Mussolini. Salò: il tempo dell'odio e della violenza, Milano, Mondadori, 1999, pp. 176-181.
67 TNA, WO 204/12450 X Flotilla MAS and S. Marco regiment vol. 1, Abwehr Abt II. Interest in Italian special formations, 1 giugno 1944, p. 1.
68 AUSSME, SIM, b. 27, f. 1-7-40 Lancio nelle campagne di Cabras a mezzo paracadute di presunti agenti nemici, Appunto del 27 luglio 1944, prot. n. 290/1944.
69 ACS, Allied Control Commission (d'ora in avanti ACC), Legal, f. 443 Case of Usai Luciano & others (enemy agents, Sardinia), Report ''Case of Usai Luciano and others'', p. 1-4.
70 AUSSME, SIM, b. 334, fasc. 1-1-26 Studio sull'organizzazione del S.I. tedesco e repubblicano in Italia, Cenni riepilogativi sull'organizzazione informativa nemica, s.d. [gennaio 1945], p. 5.
71 Ibidem.
72 Ivi, p. 6.
73 Ivi, p. 6-7.
74 NARA, rg 226, e. 174, b. 93, f. 753 IV corps, Supplementary report on detailed interrogation of enemy agent - Pisanò Giorgio, p. 9.
75 Ivi, p. 1.
76 Ibidem.
77 Ivi, p. 2-4.
78 Ivi, p. 6. Pisanò in seguito riuscì a scappare per essere poi riarrestato dagli alleati nel 1945.
79 Questa versione verrà sostenuta anche nelle sue opere autobiografiche. Vedi in particolare G. Pisanò, Io, fascista 1945-1946. La testimonianza di un superstite, Milano, Il Saggiatore, 2002, pp. 102-122.
80 AUSSME, SIM, b. 27, fasc. 1-7-23 Presunta costituzione in Sardegna di un Comitato regionale fascista, s.n., 27 marzo 1944, pp. 1-3.
81 ACS, DGPS, DAG, 1944-1946, b. 47, fasc. Partito fascista repubblicano Sassari, Riservata raccomandata s.n., 27 marzo 1944, p. 3.
82 ACS, DGPS, DAG, 1944-1946, b. 47, fasc. Partito fascista repubblicano Sassari, giornale «La voce dei giovani», febbraio 1944, n. 2, p. 1.
83 Ibidem.
84 ACS, DGPS, DAG, 1944-1946, b. 47, fasc. Partito fascista repubblicano Sassari, Riservata raccomandata s.n., 27 marzo 1944, p. 4.
85 AUSSME, SIM, b. 27, fasc. 1-70-40 Lancio, nelle campagne di Cabras, a mezzo paracadute di presunti agenti nemici, Processo verbale di interrogatorio di Usai Luciano, Manca Angelo, Trincas Francesco.
86 ACS, DGPS, DAG, 1947-1948, b. 59, f. Movimento Unitario Italiano Catania, Manifesto del MUI. Sul separatismo siciliano vedi G.C. Marino, Storia del separatismo siciliano, Roma, Editori Riuniti, 1993; A. Battaglia, Sicilia contesa. Separatismo, guerra e mafia, Roma, Salerno Editrice, 2014.
87 ACS, DGPS, DAG, 1947-1948, b. 59, f. Movimento Unitario Italiano Catania, Relazione Prefettura, Movimento Unitario Italiano, 13 settembre 1944.
88 AUSSME, SIM, b. 113, f. 2-9-12 Movimento fascista a Catania, Movimento fascista a Catania, 7 febbraio 1944.
89 G. Conti, La RSI e l'attività del fascismo clandestino nell'Italia liberata dal settembre 1943 all'aprile 1945, p. 953-954. Tra gli aderenti al Movimento figurava anche il futuro esponente missino catanese Orazio Santagati. Vedi G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, p. 44.
90AUSSME, SIM, b. 27, f. 1-7-122 Italia meridionale – Sicilia-Sardegna: propaganda fascista e separatismo, Italia meridionale – Sicilia-Sardegna: propaganda fascista e separatismo, 7 settembre 1944, p. 2-3.
91 B. Mussolini, Opera omnia, Firenze, La Fenice, 1969, vol. XXXII, p.138.
92 G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, pp. 61-62. Sulla propaganda via radio della Repubblica Sociale Italiana vedi G. Isola, Il microfono conteso. La guerra delle onde nella lotta di liberazione nazionale (1943-1945), «Mélanges de l'Ecole française de Rome. Italie et Méditerranée», a. 1996, Vol. 108, n. 1, pp. 83-124. Alcuni cenni sulla propaganda della RSI per le ''terre invase'' si trovano in P. Corsini, P. P. Poggio, La guerra civile nei notiziari della Gnr e nella propaganda della RSI, in M. Legnani, F. Vendramini (a cura di), Guerra, guerra di liberazione, guerra civile, Milano, Franco Angeli, 1990, pp. 295-296.
93 Sulla questione vedi F. Giomblanco, Alto tradimento: la repressione dei "Moti del non si parte" dal carcere al confino di Ustica 1944-1946, Ragusa, Sicilia Punto L, 2010.
94 NARA, Department of State, Italy US Embassy and Consulate, Rome, General Records 1936-1963, rg. 84 st. 350 r.62 c.2 s.5, b. 143, f. 800-Sicily, Unrest in Sicliy, 20 dicembre 1944, p. 1.
95 TNA, WO 204/12661 Sicily-Ragusa rebellion, Ragusa riots, 18 gennaio 1945, p. 1.
96 Ivi, p. 1-2.
97 Ivi, p. 3.
98 «Furthermore - leggiamo nella relazione - it is not unlikey that some Nazi subversive agents have been at work stirring up trouble, but there is no evidence to confirm this. Enemy agents recently dropped in Sicily and who were captured had quite different mission to accomplish». TNA, WO 204/12661 Sicily-Ragusa rebellion, Report on the rebellion in the province of Ragusa 5/11 January 1945, 23 febbraio 1945, pp. 13-14. Sulle indagini a proposito di una presunta radiotrasmittente in contatto con il Nord vedi A. Battaglia, Separatismo siciliano. I documenti militari, Roma, Edizioni nuova cultura, 2015, pp. 24-27.
99 TNA, WO 204/12621 Sicily-Fascist groups, Transcript of fascist leaflets, 20 marzo 1945, p. 1.
100 TNA, WO 204/12621 Sicily-Fascist groups, Subversive activity in Sicily, 15 febbraio 1945, allegato, p. 2.
101 M. Tarchi, A. Carioti, Cinquant'anni di nostalgia. La destra italiana dopo il fascismo, Milano, Rizzoli 1995, pp. 28-29.
102 G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, pp. 56-57.
103 AUSSME, SIM, b. 73, f. 1-7-49 Organizzazione fascista a Lecce, Rapporto di denuncia di Chironi Romualdo et alii, 5 aprile 1944, pp. 4-7.
104 AUSSME, SIM, b. 73, f. 1-7-49 Organizzazione fascista a Lecce, Organizzazione fascista in provincia di Lecce, 14 marzo 1944, allegato n.2 Processo verbale di interrogatorio di D'ELIA Fabio, p. 1.
105 Ivi, pp. 1-2.
106 AUSSME, SIM, b. 73, f. 1-7-49 Organizzazione fascista a Lecce, Rapporto di denuncia di Chironi Romualdo et alii, 5 aprile 1944, p. 7.
107 AUSSME, SIM, b. 73, f. 1-7-49 Organizzazione fascista a Lecce, Promemoria per il signore generale Rossi, 16 marzo 1944, p. 1.
108 AUSSME, SIM, b. 73, f. 1-7-49 Organizzazione fascista a Lecce, Rapporto di denuncia di Chironi Romualdo et alii, 5 aprile 1944, p. 11.
109 AUSSME, SIM, b. 73, f.1-7-49 Organizzazione fascista a Lecce, Esito processo a carico dei componenti organizzazione fascista di Lecce, 13 giugno 1944. Tra i condannati figurava il futuro consigliere comunale del MSI di Lecce Giuseppe Marti. Vedi ivi, Telegramma, 10 novembre 1977.
110 AUSSME, SIM, b. 74, f. 1-7-146 Organizzazione fascista a Brindisi, Organizzazione fascista, 28 febbraio 1944, p.2.
111 Anche Politi e Fato furono rilasciati ma per entrambi scattò l'obbligo di residenza fino alla fine della guerra. Vedi AUSSME, SIM, b. 74, f. 1-7-146 Organizzazione fascista a Brindisi, Organizzazione fascista a Brindisi, 3 maggio 1944, p. 1 e Relazione sulla presunta organizzazione fascista di Brindisi, 26 giugno 1944.
112 TNA, WO 204/12056 Squinzano fascist conspiracy, AMG court - Barletta spy case, 15 luglio 1944.
113 TNA, WO 204/12056 Squinzano fascist conspiracy, Organizzazione fascista di Barletta, 25 aprile 1944.
114 Ibidem.
115 TNA, WO 204/12056 Squinzano fascist conspiracy, Organizzazione fascista di Barletta, 25 aprile 1944, Allegato n. 1, p. 1.
116 ACS, DAG, 1944-1946, b. 45, f. Partito fascista repubblicano Bari, Barletta attività fascista, 12 settembre 1944.
117 Il caso Pignatelli lo troviamo descritto anche in G. Conti, La RSI e l'attività del fascismo clandestino nell'Italia liberata, pp. 954-964; G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, pp. 55-69; A. Mammone, The black-shirt resistance, pp. 288-290; O. Foppani, The Allies and the Italian Social Republic (1943-1945), Berna, Peter Lang, 2011, pp. 87-103. K. Massara, Vivere pericolosamente, pp. 39-46; K. Massara, The ''indomitable'' Pignatellis, pp. 127-131; M. Avagliano, M. Palmieri, L’Italia di Salò 1943-1945, Bologna, Il Mulino, 2017, pp. 293-300.
118 ACS, DAG, 1944-1946, f. Partito fascista repubblicano Catanzaro vol. 2, Associazione filofascista scoperta in Catanzaro, 7 luglio 1944, pp. 1-2.
119 Ivi, p. 4.
120 Capocasale aveva inoltre provveduto a mettersi in contatto anche con il gruppo di Nicastro. ACS, DAG, 1944-1946, f. Partito fascista repubblicano Catanzaro vol. 2, Fascist reorganization in Calabria, s.d. [1944], p. 2-3.
121 Potrebbe riferirsi agli attentati contro le tipografie che stampavano i giornali ''Ora Nuova'' e ''Nuova Calabria'' di cui si è accennato sopra. ACS, ACC, Pignatelli May 1944-June 1946, General Survey, 26 Maggio 1944, Appendix ''G'' Review of the External Leads from the PIGNATELLI Case up to 19 May 1944, p. 2. Traduzione mia.
122 Luigi Filosa (Cosenza 1897-Cosenza 1981), figura di fascista sui generis, fu tra i fondatori dei Fasci in Calabria. Venne espulso dal partito già nel 1923, dopo essere stato eletto federale, per la sua linea intransigente repubblicana e rivoluzionaria, avvicinandosi in seguito agli ambienti antifascisti. Dopo essere stato condannato a 3 anni di confino, nel febbraio del 1943 decise di rientrare nel PNF. Vedi F. Mazza, Filosa, Luigi, in Dizionario Biografico degli italiani, vol. 48, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Roma, 1997, pp. 2-3.
123 ACS, DAG, 1944-1946, f. Partito fascista repubblicano Catanzaro vol. 2, Fascist reorganization in Calabria, s.d. [1944], p. 5.
124 ACS, DAG, 1944-1946, f. Partito fascista repubblicano Catanzaro vol. 1, Riorganizzazione fascista in Calabria, s.d. [1944], p. 5. Si tratta della traduzione del documento citato nella nota precedente.
125 Le frasi in codice sarebbero state «Ei fu, siccome immobile» e «Sparse le trecce morbide sull'affannoso petto». ACS, ACC, Pignatelli May 1944-June 1946, General Survey, 26 Maggio 1944, Appendix ''G'' Review of the External Leads from
the PIGNATELLI Case up to 19 May 1944, p. 2.
126 AUSSME, SIM, b. 103, fasc. 1-7-1426 Sospetta attività di gruppi repubblicani fascisti nel Sud Italia, Attività di gruppi repubblicani fascisti nel Sud Italia, 30 novembre 1944, p. 1.
127 G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, p. 61.
128 A. Mammone, The black-shirt resistance, p. 290
129 V. Pignatelli, Il caso «Pace», oppure il caso «Dirigenti del MSI», Catanzaro, La Tipo Meccanica, 1948, p. 33-34. Parlato nel suo libro accenna a contatti con i gruppi di Bari e Barletta ma non è chiaro da quale fonte egli tragga questa informazione. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, p. 61.
130 AUSSME, SIM, b. 76, f. 1-7-142 Organizzazione fascista in Calabria, Promemoria per il sig. capitano Stanhope Wright, 16 dicembre 1944, p. 1.
131 V. Pignatelli, Il caso «Pace», p. 33 e AUSSME, SIM, f. Allegati alla pratica f. 1-7-142 Pignatelli, Processo verbale di interrogatorio di Valerio Pignatelli di Cerchiara, 28 maggio 1944, pp. 2-3.
132 La descrizione dei rapporti intrattenuti dai Pignatelli viene tracciata in G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, pp. 60-61, che la riprende da G. Artieri, Mussolini e l'avventura repubblicana, Milano, Mondadori, 1981, pp. 246-247. Non è chiaro quali fonti l'autore utilizzi per raccontare il soggiorno napoletano dei Pignatelli. Pochi cenni dei suoi contatti con gli Alleati vengono offerti dallo stesso Pignatelli in Il caso «Pace», pp. 33-34.
133 V. Pignatelli, Il caso «Pace», p. 34.
134 Ibidem.
135 Emanuele si trovava a Roma da latitante perché aveva partecipato al Fronte militare clandestino di Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo. Vittorio invece era internato in un campo di concentramento tedesco perché aveva rifiutato di combattere per la RSI. La figlia Bona si trovava invece nella casa di amici di famiglia, i baroni Marincola di San Floro. La baronessa Josephine Pomeroy era cittadina americana nonché sorella dell'agente dell'OSS Livingston Pomeroy. Vittoria Odinzova era invece la vedova del terzo figlio di Maria Pignatelli, Francesco, adottata dai Pignatelli alla morte del figlio. Vedi G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, p. 63 e pp. 327-328. Di Emanuele De Seta (il cognome del primo marito di Maria Pignatelli) ne parla diffusamente Peter Tompkins nella sua memoria Una spia a Roma.
136 AUSSME, SIM, b. 76, f. Allegati alla pratica 1-7-192, Relazione s.n., 5 luglio 1944, pp. 2-3.
137 Ivi, pp. 4-5. Per il fatto che Nuvolari fosse diventato, a quanto risulta, in seguito all'arresto dei Pignatelli fiduciario del SIM, vedi AUSSME, SIM, b. 76, f. 1-7-192 Organizzazione fascista in Calabria, Promemoria PIGNATELLI-Introduzione, 6 giugno 1944, p. 3. Per l'impiego del generale Accame nell'OSS vedi ivi, Il soggiorno a Napoli dei Principi Pignatelli, p. 3.
138 AUSSME, SIM, b. 76, f. Allegati alla pratica 1-7-192, Relazione s.n., 5 luglio 1944, pp. 5.
139 ACS, ACC, Pignatelli May 1944-June 1946, General Survey, 26 maggio 1944, Appendix ''C'' Interrogation report on Paolo Poletti, p. 2.
140 Risulta poco credibile l'incontro casuale «in the street of Naples» descritto nell'interrogatorio da Poletti. Ivi, p. 3.
141 Sembra che ad un iniziale rifiuto da parte di Poletti, dato l'imminente arrivo degli Alleati a Roma, la Principessa avesse finto di aver ricevuto un messaggio di aiuto via radio dalla Odinzova, la quale d'altronde era effettivamente in pericolo in quanto, essendo nata a San Pietroburgo, risultava come cittadina straniera nemica. Vedi AUSSME, SIM, b. 76, f. Allegati alla pratica 1-7-192, Relazione s.n., 5 luglio 1944, p. 5, e AUSSME, SIM, b. 76, f. 1-7-192 Organizzazione fascista in Calabria, Promemoria PIGNATELLI, 6 giugno 1944, Il soggiorno a Napoli dei Principi Pignatelli, pp. 2-3.
142 Si trattava, molto probabilmente, del figlio Vittorio internato in Germania, il quale avrebbe dovuto essere liberato grazie all'intervento di Barracu.
143 ACS, ACC, Pignatelli May 1944-June 1946, The ''Aspen'' Operations, 16 maggio 1944, p. 1.
144 Ibidem.
145 AUSSME, SIM, b. 76, f. Allegati alla pratica 1-7-192, Relazione s.n., 5 luglio 1944, pp. 6.
146 Ivi, p. 7.
147 L'incontro con Kesserling è anche annotato da Eugen Dollmann nelle sue memorie. Vedi E. Dollmann, Roma nazista, Milano, Longanesi, 1949, pp. 378-379.
148 «Military matters. State and extent of the Badoglio army: General Tapino is commander of the Italian troops fighting in Southern Italy whit his HQ in Avellino. Morale, care and pay of the Italian troops: Crown Prince Umberto, after visiting the Front, complained of the unusually high losses sustained by these Italian units». ACS, ACC, Pignatelli May 1944-June 1946, Interrogation of persons crossing over the front and utilization of reports of such persons, 3 maggio 1944. Si tratta della traduzione in inglese dei documenti tedeschi rinvenuti a Firenze.
149 ACS, ACC, Pignatelli May 1944-June 1946, Telegram from Huegel to Kappler, Princess Pignatelli, 22 aprile 1944.
150 Come vedremo in seguito è proprio a partire dai mesi centrali del 1944 che il lavoro dei servizi segreti tedeschi nel Sud Italia si fece più intenso e efficace, grazie anche alla nomina di Huegel a capo dell'Ausland-SD in Italia. Vedi C. Gentile, I servizi segreti tedeschi in Italia 1943-1945, p. 480.
151 La principessa negò nel corso degli interrogatori di essere riuscita ad incontrare il Duce mentre, secondo la testimonianza della figlia Bona e del marchese Marincola (che collaborano attivamente con gli Alleati arrivando a smentire le dichiarazioni della Pignatelli) al ritorno da Verona aveva confermato il colloquio con Mussolini. Anche secondo la fonte ''SURE'' che ragguaglierà i servizi angloamericani sul caso, la Pignatelli avrebbe incontrato il Duce. Una conferma in questo senso ci giunge anche dai documenti tedeschi ritrovati a Firenze, dai quali pare di capire che la Pignatelli abbia fatto tappa anche nella stessa Firenze in visita ad una certa Duchessa d'Aosta non meglio specificata. Vedi AUSSME, SIM, b. 76, f. Allegati alla pratica 1-7-192, Relazione s.n., 5 luglio 1944, pp. 9-10; ACS, ACC, Pignatelli May 1944-June 1946, General Survey, 26 maggio 1944, p. 1; ACS, ACC, Pignatelli May 1944-June 1946, Telegram from Huegel to Kappler, Princess Pignatelli, 22 aprile 1944.
152 Unità di controspionaggio in collaborazione tra X-2 (controspionaggio dell'OSS) e G-2 (controspionaggio dell'esercito statunitense). Vedi NARA, rg 226, e. 174, b.148, f. 1124, Prince and Princess Valerio Pignatelli, Paul Poletti and Vittoria Odinzova, p. 1.
153 ACS, ACC, Pignatelli May 1944-June 1946, General Survey, 26 maggio 1944, p. 1.
Nicola Tonietto, La genesi del neofascismo in Italia. Dal periodo clandestino alle manifestazioni per Trieste italiana. 1943-1953, Tesi di laurea, Università degli Studi di Trieste, anno accademico 2016-2017

venerdì 21 settembre 2012

Carte geografiche italiane a cavallo del 1800



Ho rinvenuto questa carta del Regno di Sardegna del 1794, oggi dell'Istituto Geografico Militare, mentre facevo un'esplorazione su Internet, dovuta al fatto che, riguardando stampe di inizio 1800, presenti su questo sito nizzardo cui ho già attinto altre volte, ho notato meglio che talora vengono indicate opere o di geografi italiani o riguardanti altre parti del nostro paese, come la "Coreografia d'Italia" di Attilio Zuccagni-Orlandini. Difficile, tuttavia, trovare sul Web altre icone così pregevoli. Probabile che chi le colleziona se le tenga ben strette anche nella forma digitale.


Questa una mappa dal lavoro di Attilio Zuccagni-Orlandini.



Per associazione di idee mi é tornata in mente l'imponente opera di storia e di geografia del Conte Alberto La Marmora, uno dei quattro fratelli generali, realizzata quando era stato mandato in punizione in Sardegna. Qui sopra, ripresa da qui, una carta da lui realizzata.

In effetti, nella prima metà del 1800 in Italia non si pubblicavano solo libri su lontane nazioni, come ho già più volte accennato, ad esempio qui. Argomenti che ho ripreso da Cultura Barocca. Alla quale potrei sempre tornare per ulteriori spunti su come veniva studiata e presentata la geografia italiana in quel periodo: a questo link un piccolo saggio.

mercoledì 23 marzo 2011

Dalla Sardegna con simpatia

Con Roland, ormai adottato dalla Sardegna, dovevamo vederci quando, tra Natale e Capodanno scorsi,  venne in Riviera, ma la cosa non si fece per un mio improvviso impegno.
Maschere realizzate da Angelo Denti di Otzana, amico di Roland
Ieri con un messaggio gli ho chiesto se potevo mettere la sua fotografia in un album un po' goliardico che ho approntato su Facebook.


Mi ha risposto di disporre come volevo delle sue immagini. Come si vede ne sto subito approfittando.
Alghero,  Porto
Pensare che ci siamo ritrovati dopo anni via Facebook.
S. Maria di Tergu (SS)
Il bello é che così mi sono accorto che ha anche delle fotografie della Francia, sua terra natale, in particolare di Marsiglia, città che mi fa sempre venire in mente delle storie da raccontare. Povero Roland, quanto abuserò delle sue fatiche!
Pozzo Sacro di Santa Cristina (OR)

Con Roland a fine anno eravamo rimasti d'accordo che ci saremmo finalmente salutati di persona la prima volta di un suo ritorno dalle mie parti.
Sassari, Cattedrale di San Nicola
L'occasione dovrebbe essere prossima per via di un suo impegno primaverile a Montecarlo. Spero di non avere altri inconvenienti. Oltrettutto potrei trovare migliori spunti  per illustrare meglio le cose interessanti che fa Roland.