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mercoledì 28 settembre 2011

Prodromi di guerre indiane

Le rovine di un antico pueblo nello Utah


I conquistadores spagnoli una volta conquistato l'impero azteco rivolsero subito le loro feroci attenzioni, attirati dal mito di El Dorado, a nord, incontrando altre popolazioni indigene.


Ho già fatto cenno altra volta al periglioso periplo terrestre di Coronado (ritratto qui sopra) del 1540/1542: é quasi inutile aggiungere che anche i nativi di quelle terre conobbero subito la crudele determinazione degli europei.
Fonte: eveydayhdr.com

Il Montezuma's Pass, al confine tra Arizona e Messico, inserito, con una strana e ormai datata collaborazione tra quest'ultimo paese e gli USA, in una sorta di area museale all'aperto, The Coronado National Memorial, commemorativa di quella spedizione, può ben rappresentare luoghi geografici, attraversati  - con presumibile indifferenza alla loro bellezza - da quegli avventurieri spietati.


Più a nord altri europei tentavano intanto le loro fortune scellerate. Erano comunque viaggi molto onerosi, ma, nonostante l'accurata - per i tempi - organizzazione, spesso gli indiani soccorsero sventurati ormai alla mercé delle forze della natura. Subito ne ebbero in cambio malattie sconosciute e per loro mortali, importate dal Vecchio Continente.


Gli inglesi dapprima dalle parti di St. John, nel Labrador.

Jamestown, 1622

Ma poco dopo, come le storie di Raleigh e di Pocahontas tramandano, anche più a sud, in Virginia.

Al pari dei loro rivali transalpini, di cui dirò meglio in altra occasione, la loro iconografia ha contemplato solo le ribellioni dei nativi, dipingendole, va da sè, a fosche tinte: i massacri - e a tutto il 1600 si è solo agli inizi di sistematiche campagne di sterminio - delle popolazioni locali del Nord America aspetteranno a lungo un loro Bartolomeo de Las Casas e raramente troveranno un pittore o un disegnatore in grado di commemorarli.




venerdì 19 agosto 2011

Fra' Marco da Nizza

Fonte: turtledove.wikia.com
Ho letto per la prima volta di Fra' Marco da Nizza nello stesso romanzo storico - una lunga saga sul Texas - in cui ho appreso di Cabeza de Vaca. Va da sé che mi ha colpito molto sapere di un personaggio nato non lontano dalle mie parti.

Fonte: ww.psi.edu
Fu un difensore dei nativi americani: la documentazione più pertinente risale ad un suo incarico nell'ormai ex Impero Inca, svolto quando Atahualpa era già stato assassinato, come si evince da una sua comunicazione inserita nell'opera fondamentale di Bartolomeo de Las Casas.
File:Coronado expedition.jpg

Fra' Marco, disgustato, cercò ed ottenne altre incombenze, che lo portarono in Messico e che gli fecero passare gli ultimi anni della sua non lunga vita in diverse avventure e contingenze, non tutte di facile lettura e non semplici a riassumere. Il Viceré, in seguito ai racconti delle peripezie di Cabeza de Vaca, lo mandò in una spedizione a nord, attuale New Mexico, alla ricerca delle sette città d'oro (Cibola).

La fallace convinzione di averle intravviste fu la premessa alla sua partecipazione al famoso viaggio di esplorazione di Coronado, concluso con un fallimento di scopo, attribuito di conseguenza a Marco.

Le fonti attestano che questo frate francescano (di cui ci rimangono solo i titoli delle sue diverse opere e, oltre quanto già detto, una sola lettera) rimase incantato dalla bellezza di quelle terre, al punto da dedicarle a San Francesco. Non era certo così per i conquistadores che un mito certo lo inseguivano, ma era solo quello di El Dorado nelle sue tante varianti.
Firma di Marco da Nizza in calce al documento "Poder de Fray Marcos de Niza a favor del Señor Mariscal", dove si legge "Ita est, frayre marcos de nissa, comissaris" (Fra Marco in quel tempo era Commissario del suo Ordine in Perù) - Fonte: Wikipedia
Vennero coinvolti quasi tutti, però, crudeli avventurieri e uomini di religione, con gli scarsi mezzi dell'epoca in avventure incredibili, che furono anche - contraddizioni della Storia! - grandi tappe delle scoperte geografiche.

La firma di Marco da Nizza nel Canyon di Gila - Fonte: Wikipedia
A me, poi, sembra di ricordare che, nel romanzo citato all'inizio, di Fra' Marco si mettano in evidenza anche azioni umanitarie compiute a favore degli indiani nelle zone più meridionali dell'attuale Texas. Il che porta a gettare un po' di luce sulle missioni francescane, i cui componenti, almeno in una fase iniziale, dimostrarono, mentre già realizzavano le singolari costruzioni viste in tante pellicole western, qualche sprazzo di umanità verso i nativi. 


Fra' Marco. Conosciuto un po' dappertutto. Quasi dimenticato dalle parti dove nacque!


venerdì 15 luglio 2011

Cabeza de Vaca

Monumento di Cabeza de Vaca a Houston

Già il nome, Cabeza de Vaca (1507-1559), é tutto un programma. E proprio a questo personaggio dovevano capitare in sorte avventure straordinarie.


Vittima di un naufragio più o meno all'altezza dell'attuale Florida, impiegò otto anni, dal 1528 al 1536, di volta in volta incontrando in un turbine di varie vicende altri dispersi o altri conquistadores, prima di riuscire a mettere piede a Città del Messico.
Mi sono imbattuto in Álvar Núñez, come si chiamava al secolo, leggendo un relativamente vecchio romanzo storico, dedicato - va da sè - al Texas. Qualche tempo fa ho poi rinvenuto una recensione su un libro dedicato all'argomento.



Fu il primo europeo ad incontrare nativi indiani dislocati lungo il tragitto delle sue peripezie. Già dall'inciso dedicatogli da quell'opera che ho citato poc'anzi emerge un'implicita presa d'atto dell'umanità e della curiosità di tante popolazioni che aiutarono il nostro eroe. Cabeza, in una sua relazione alla casa Reale Spagnola, la quale - in tutta coerenza con la ferocia praticata nelle Americhe - non ne tenne conto, suggerì velatamente rispetto per gli indigeni.

Ma questi ultimi aspetti li ho scoperti sul Web, sul quale ho anche appreso che in Messico hanno realizzato un film sul suo "periplo". E tante altre notizie.
Targa commemorativa dedicata a Cabeza de Vaca per la scoperta delle cascate del fiume Iguazú
Anche nelle sue successive spedizioni fu coerente con i suoi assunti umanitari. Imprigionato una prima volta per le sue proteste contro lo schiavismo praticato dai suoi connazionali, dal Paraguay venne infine fatto ritornare in Spagna, per vedersi (nel 1545) assegnato ad un esilio di otto anni in Algeria. Potè morire nella sua terra natale. Mi sono reso conto che nei territori dove é passato oggi però esiste giusta memoria delle sue azioni.

Cabeza de Vaca é il titolo che meritò un suo antenato, Pedro de Vera, che utilizzò il teschio di una mucca per segnalare un passaggio alle truppe spagnole nella guerra contro i Mori.

venerdì 17 settembre 2010

L'anatra messicana

I giornali hanno riportato notizie circa le imponenti manifestazioni del 15 settembre per il bicentenario del Messico (dalla data di inizio della guerra di indipendenza contro la Spagna). Alcuni hanno, nell'occasione, sottolineato lo spaventoso dramma segnato dallo strapotere criminale dei narcos, che miete ogni anno in quel paese migliaia di vittime, in gran parte innocenti. Qualche editorialista, in particolare, ha voluto rievocare la tragedia, maturata in quel clima spaventoso dove ogni sorta di orrendo delitto può verificarsi, delle centinaia di giovani donne, torturate, stuprate, uccise sulla strada dell'emigrazione clandestina verso l'America. Ed altre vicende tristemente similari, meno ampie per entità numerica, certamente non meno disumane. Non sono mancati, a completare le cronache, commentatori messicani che, in sostanza, hanno detto che la polvere va messa sotto il tappeto, a pena di fare mancare energie per tentare di uscire dalla corrente crisi economica. Un ritornello che si sente spesso anche dalle nostre parti, pure se in riferimento a situazioni non così allucinanti.

Avevo accennato in precedenti post a questo dramma smisurato, perché anticipato o rivissuto in dolenti pagine di partecipazione umana da una buona, alta letteratura, del tutto inane, ma non potrebbe essere diversamente, ad incidere positivamente. E non sono certo che l'opinione pubblica europea ne sia molto al corrente.

"Il potere del cane" di Don Winslow é un romanzo che, procedendo, a mio avviso, con grande respiro artistico, dipinge un affresco impressionante di questo Messico, nel quale risaltano altresì le complicità politiche locali. E le abbinate interferenze spionistiche e malavitose nordamericane di lunga data, le stesse viste in esercizio, ad esempio, in altri paesi centro-americani. Dopo di che, come già capitato a Panama, gli USA bandiscono sacre crociate, nelle quali tutto é permesso, per tentare di arginare all'estero, alle fonti, la produzione ed il grande smistamento della droga che dilaga al loro interno.

Anche il cinema ha provato con esiti molto alterni a parlare del Messico contemporaneo.

"L'anatra messicana" é, invece, un degno romanzo noir di James Crumley, che non affronta in toto la questione di questi narcos, ma per il modo con cui li mette in scena ne attesta parimenti la terribile, impunita efficacia criminale.

Altri libri, altre pellicole, lo ripeto sommariamente, hanno registrato negli anni lo sviluppo progressivo della spirale perversa in cui si dibatte oggi la nazione che fu' dei Maya e degli Aztechi.

Sono lontane, perse, le speranze di un giovane John Reed, che trepidava per la rivoluzione dei peones di Villa e di Zapata, del resto subito tradita, e di Eisenstein, che, poco tempo dopo, tentando di girare "Que Viva Mexico!", auspicava la continuità di quegli ideali. Lampi sul Messico, appunto, come qualcunò andò a titolare il prodotto dello scempio compiuto con il materiale girato, e precipitosamente abbandonato in quanto costrettovi, dal regista sovietico!

E, fatte le debite proporzioni, preso atto della situazione messicana, forse andrebbe fatta qualche riflessione sull'Italia, che di trame eversive, interferenze straniere, poteri criminali non si é fatta e non si fa' tuttora mancare nulla.

martedì 10 agosto 2010

Il potere del cane

Ho letto poco fa su Rai News 24 che in Messico trecento poliziotti hanno assaltato e destituito il proprio comando.

Mi è sembrata una pagina tratta di peso da "Il potere del cane", romanzo di Don Winslow, che ho letto l'anno scorso. Situazioni similari sono evocate in "L'anatra messicana" di James Crumley, in alcune opere di James Ellroy, il mio autore prediletto, nel film "L'infernale Quinlan" con e di Orson Welles ed in una precedente pellicola con un ancor giovane Robert Mitchum, di cui ho dimenticato il titolo.

Ho citato autori ed opere che ritengo di grande spessore e che hanno saputo anticipare una tragica situazione. Altri si sono cimentati con minore resa letteraria nel descrivere le vere fiamme del Messico contemporaneo: povertà, droga, scontri sanguinosi tra bande, polizia corrotta, emigrazione clandestina verso gli Stati Uniti costellata da migliaia di vittime innocenti, stupri, terrorismo, connivenze con le forze dell'ordine e "servizi" nord-americani, ombre pesanti dei "narcos" colombiani e di varie mafie.

Ci sono anche pericolosi paragoni da fare con l'Italia.

La letteratura è grande: sa anticipare la realtà e, nel contempo fare palpitare le menti ed i cuori degli uomini.

Non può, tuttavia, che scarsamente incidere sulla realtà!