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domenica 16 ottobre 2022

Dove era operante una compagine di partigiani comandata da Vittò

Una vista su Taggia (IM) e, a sinistra, su Castellaro. Foto: Eraldo Bigi

Con la Repubblica di Salò si formarono le Brigate Nere [n.d.r.: a quella data per la RSI era attiva la G.N.R., non ancora le Brigate Nere, perlomeno intese in senso con questa denominazione ufficiale] che sparsero il terrore in gran parte d’Italia. Intanto nel novembre 1943 fui chiamato alle armi. Essendo della leva di mare dovevo presentarmi a Vercelli il 20 novembre per essere arruolato nella Decima Mas e inviato in Germania per un periodo d’istruzione: Così era scritto nella cartolina precetto, ma non avevo ancora compiuto 19 anni ed era molto difficile prendere delle decisioni. Avevo molte amicizie fra gli antifascisti e questi mi consigliarono di non partire: unitamente ad altri commilitoni, anche loro chiamati alle armi, decidemmo di nasconderci sui monti che sovrastavano la nostra città. Così abbiamo fatto: ci siamo rifugiati in una casetta di proprietà di uno dei compagni di ventura. Ci portavano da mangiare i nostri parenti con grave rischio per tutti, per cui subito dopo Natale nel gennaio 1944, avuta notizia che sui monti sopra Sanremo si andava costituendo le prime formazioni partigiane, abbiamo deciso di raggiungere quelle località per unirci a quei gruppi combattenti. Eravamo armati con armi recuperate, quando dopo l’8 settembre, i militari avevano abbandonato le caserme, molte delle quali dislocate proprio a Taggia, zona limitrofa al confine di stato. Abbiamo deciso di abbandonare il nostro precario rifugio e siamo partiti per Baiardo (piccolo paese di 900 abitanti sito nell’entroterra di Sanremo). La strada era lunga una quarantina di km, compiendo il seguente percorso: Taggia - Badalucco - Ciabaudo - Vignai - Baiardo, senza mai percorrere le strade carrozzabili passando sempre lungo i boschi limitrofi alle strade principali. Arrivati a Baiardo avevamo già i nomi dei compagni di quella località, che ci hanno ospitato nei loro casolari, uno fra tutti “Garibaldi” [Giuseppe Gaminera] come nome di battaglia. Lungo il percorso siamo stati aiutati e rifocillati dai contadini di quelle borgate che dobbiamo ringraziare per sempre. Dopo alcuni giorni i compagni di Baiardo ci hanno accompagnato a Carmo Langan a 1727 metri di altitudine, dove era operante una compagine di partigiani comandata da “Vittò” (Vittorio Guglielmo), vecchio comunista reduce dalla guerra di Spagna insieme al compagno Longo. E lì incominciai la vera vita da partigiano, assumendo il nome di battaglia “Tarzan”. Intanto continuavano ad arrivare molti giovani e altri meno giovani, militari che l’8 settembre avevano disertato ed erano ricercati dalle Brigate Nere. Mentre si andavano delineando le vere formazioni partigiane. Noi facevamo parte della 1a Zona Liguria, che andava dai confini della Francia all’inizio della Provincia di Savona, ed eravamo inseriti nella 2a Divisione Felice Cascione. Felice Cascione era un medico di Imperia, infatti, il suo nome di battaglia era “u Meigu”. E’ stato uno dei primi partigiani della provincia ed è stato catturato dai nazi-fascisti e fucilato ad Alto piccolo paese sulle alture di Albenga. Cascione fra l’altro aveva scritto la canzone fischia il vento. Intanto la formazione di “Vittò” diventava Brigata formata da tre distaccamenti, io ero nominato comandante di uno di questi distaccamenti e dislocato in una località sita fra Baiardo e Castel Vittorio
[...] Intanto sulle alture di Taggia si era costituito un battaglione di partigiani, chiamato battaglione Luigi Nuvoloni, che era il nome di un caduto in combattimento originario di un paese della valle Argentina. Detto battaglione era costituito in gran parte da partigiani di Taggia e località limitrofe ed era comandato da un vecchio socialista che si chiamava Simi di cognome, col nome di battaglia “Gori”; era molto anziano e cagionevole di salute. Poiché questo battaglione faceva parte della brigata “Vittò” mi chiamò e mi invitò a raggiungere quel battaglione e ad assumere la carica di commissario: in effetti poiché “Gori” era sempre indisposto dovevo portare avanti quella formazione come comandante e come commissario. Intanto eravamo giunti ai primi giorni del 1945 e sapendo che gli Inglesi dovevano fare un lancio di armi e di viveri per le formazioni della 1a zona Liguria ed esattamente sul Mongioie 2600 m. di altitudine, mi fu ordinato di raggiungere tale località poiché conoscevo già il percorso, raggiunsi di nuovo Piaggia e più avanti Viozene provincia di Cuneo, dove ci accampammo in vecchi casolari di pastori, da Viozene al Mongioie la strada era abbastanza breve. In attesa dei lanci abbiamo fatto diverse imboscate sulla strada statale n° 28 che da Imperia porta a Pieve di Teco, Colle di Nava, Ormea, Garessio, Ceva e avanti fino a Torino. Durante uno di questi attacchi abbiamo dovuto ritirarci precipitosamente per non essere sopraffatti dai nazi-fascisti sul Pizzo di Ormea a m. 2475 sul livello del mare dove abbiamo bivaccato all’aperto tutta la notte. Rientrati a Viozene, dopo qualche giorno, seguendo le istruzioni di radio Londra, nella notte stabilita abbiamo acceso dei falò su una spianata alle falde del Mongioie. Tutto si è svolto nella massima semplicità, i lanci si sono svolti regolarmente, abbiamo ricevuto armi e viveri col consueto cioccolato. Armi e viveri sono stati divisi con le formazioni partigiane operanti nella zona fra la provincia di Cuneo e quella di Imperia. Intanto siamo arrivati ad Aprile del 1945, i Tedeschi e le Brigate Nere consapevoli della disfatta, pressati dalle forze alleate e dalle nostre formazioni, si ritiravano verso il nord dell’Italia con la speranza di raggiungere la Germania, molti di loro sono caduti e molti altri fatti prigionieri. Noi abbiamo avuto l’ordine di portarci sulle alture sopra Taggia e Sanremo, durante il trasferimento che è durato alcuni giorni, siamo stati attaccati dai Tedeschi in fuga con raffiche di mitragliatrice, anche se sparavano da molto lontano e disordinatamente, una pallottola ha ferito alla gamba il Comandante Gori che non ha avuto la sveltezza di gettarsi a terra.
Ormai i Tedeschi e i fascisti erano in fuga. Noi abbiamo proseguito la nostra marcia verso Taggia e Sanremo portando a spalle su di una barella improvvisata il Comandante Gori che era stato medicato alla meglio. Si trattava di una ferita lieve, arrivati a Sanremo, è stato ricoverato nel locale Ospedale. Intanto siamo arrivati prima a Taggia e poi a Sanremo, era il 25 aprile 1945, contemporaneamente sono arrivate le truppe alleate e insieme abbiamo presidiato quelle città ormai abbandonate dai nazi-fascisti. Dalla vicina Francia sono arrivate anche delle truppe francesi formate da soldati di colore Senegalesi questi, dopo qualche giorno sono rientrati in Francia. Dopo i festeggiamenti per la vittoria sul nazifascismo, siamo rimasti a presidiare la città con le truppe alleate, fin quando il Comitato di Liberazione che si era costituito, dopo avere regolarmente registrato le nostre generalità e le formazioni in cui avevamo operato, ci ha messo in libertà e siamo rientrati nelle nostre famiglie.
Gio Batta Basso (Tarzan)
Chiara Salvini, Ricordi di un partigiano, Nel delirio non ero mai sola, 29 luglio 2012


Chissà se lassù da qualche parte

sventoleranno le bandiere rosse,

se ci sarà quel mondo di fratelli

che hai sognato nelle gelide

veglie di partigiano.

Come in un film

della Resistenza spagnola

hai fatto saltare

il ponte della vita

e ancora una volta

hai opposto il tuo sdegnoso rifiuto

ad una realtà vile e cialtrona.

Non così avremmo voluto lasciarci.

Tutti insieme

avremmo voluto sfidare con te

la morte

che fa il nido negli angoli bui

della nostra anima

Nelle piazze, sulle strade faticose

delle montagne,

nel gelo degli inverni infiniti

non saresti mai morto.

Non posso che cantarti,

disperata e triste

per la tua bella vita perduta.

Voglio cantarti,

smarrita e triste

contro la morte assassina

per far vivere il tuo ricordo.

Donatella D’Imporzano, In memoria di Vittò, capo partigiano

Chiara Salvini, Vittò, poesia di Donatella D’Imporzano, Nel delirio non ero mai sola, 29 luglio 2012

lunedì 31 agosto 2015

Taggia (IM), ponte medievale

Su Taggia qualche cenno storico a questo link
Mentre in Taggia e la sua podesteria (Pinerolo, 1986) Biagio Boeri scrive: “Il complesso monastico ebbe pure un’altra casa, che era la sede dell’Abate ed è all’incirca l’attuale Villa Eleonora (n.d.r.: posta al termine di levante del ponte in esame), nonché un chiostro, le cui colonne vennero poi usate per la costruzione del convento di San Domenico verso il 1470. Inoltre i Benedettini, oltre alla coltivazione dei terreni, edificarono varie altre opere e di queste certamente: il secondo arco del ponte proseguendo quello romano, per la comodità di accesso ai terreni oltre il torrente, e gli archetti intermedi..."