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domenica 18 agosto 2013

Al Castello di Roccabruna


Il Castello di Roquebrune, un tempo nota come Roccabruna.


Nel Comune di Roquebrune Cap-Martin, Alpi Marittime, Costa Azzurra, Francia.


Ed ecco come si ammira la punta di Cap Martin, che da Ventimiglia e da Bordighera sembra a portata di mano, da lassù, dai 300 metri sul mare. Mentone, a sinistra, vale a dire a levante, non è lontana.

Dietro una grata, una balestra ed una cassapanca, credo, d'epoca: né i pannelli illustrativi né il depliant, allegato al biglietto d'ingresso, sono chiari in proposito. Appena inquadrata, la silhouette di un armigero: ce ne sono altre. Dall'ultima mia visita, ricordavo una sorta di archibugio, che non ho più notato: ma era già malandato...

Sono salito a Roquebrune ieri a tardo pomeriggio con N., con cui ero stato l'anno scorso a Ferragosto nella vicina La Turbie. 

A vent'anni eravamo più interessati, ad usare un eufemismo, alla storia del mondo contemporaneo, piuttosto che a quella remota dei luoghi a noi circostanti. Tra parentesi, N. mi ha richiamato alla memoria che l'abitudine di discutere con accanimento di massimi sistemi a quei tempi veniva da noi esercitata con altre persone anche in viaggi in automobile verso il capoluogo francese delle Alpi Marittime, per cui spesso la sera si andava non solo a Montecarlo, ma pure a... Nizza (espressione alquanto contorta che fa riferimento a certi miei vecchi post). 
Del resto quella fortezza, sinché non venne usuale recarsi in Costa Azzurra per autostrada, dalla quale non si scorge, era una visione obbligata, in particolare al ritorno in Italia.
La sua vita lavorativa N. l'ha in pratica trascorsa a Milano, nei cui dintorni opera ancora, per cui gli è sembrata cosa logica pormi qualche domanda sul maniero. L'unico dato certo che avevo in mente concerneva un lungo possesso da parte dei Grimaldi di Monaco, ma, attingendo ad una mia più recente rivisitazione di momenti locali, improvvisavo in risposta una costruzione del castello nel X° secolo per volontà dei Conti di Ventimiglia. Ed un breve dominio della Repubblica di Genova.

Senonché, entrati in un vicolo per iniziare un giro del paese, fermati da una domanda di una gentile signora anziana in vena di socializzare, venivamo intrattenuti da un sopraggiunto artista del legno (bravo, in verità), il quale sciorinava a modo suo le vicende del villaggio, ma senza sbagliare nulla - come poi ho verificato -, anzi, aggiungendo che Roquebrune era stata venduta ai Grimaldi direttamente dal Conte di Provenza. Particolare, quest'ultimo, non riportato neppure dal citato foglietto ufficiale. Il brav'uomo in questione ci aveva prima proclamato che i suoi nonni erano arrivati in zona da Umbertide, Umbria; al che mi sono sentito in obbligo morale di esternare a tutti che sapevo di una vecchia, forte emigrazione (che in qualche misura ho frequentato) da Città di Castello (sempre in Umbria, beninteso!) nel locale dipartimento.

Noto ora su Cultura-Barocca, che il baluardo era stato eretto su un precedente Castellaro Ligure. E che la Chiesa di Santa Margherita era in origine una "Cappella di via",  eretta per i pellegrini di fede, poi, più volte modificata per impulso dei Grimaldi, con un grande concorso di popolo nel 1776.  
Avrò occasione, credo, di tornare su questi aspetti. Ed altri, correlati. Con altri documenti.

Non resisto al gusto della celia. Nella fantasia di Salgàri, come è noto e come accennai in altri post, il Corsaro Nero era Conte di Ventimiglia, di Roccabruna e di Roccasparviera: ma, mentre nella mia natale città di confine si abbonda di riferimenti, anche in chiave turistica, all'avventuroso personaggio, a Roquebrune pensano a tenere lindo ed ordinato il centro storico, tanto, come sosteneva sempre il vecchio artigiano, sono già fin troppi i visitatori indotti dalla vicina Montecarlo...


domenica 30 giugno 2013

Dolceacqua, poi

Dolceacqua (IM) in Val Nervia, forse troppo nota per dedicarle qualcosa di più che poche righe. Spicca il Castello che fu dei Doria. Per molti versi é quasi d'obbligo partire da questo maniero.
Se guardo il mastio, mi può venire in mente che si tratta probabilmente in parte di un manufatto bizantino, per cui rischio di partire per la tangente in excursus storici.
Uno scorcio della salita verso la vecchia fortezza, che subì irrimediabili distruzioni ad opera di moderne - per l'epoca - batterie di cannoni degli spagnoli, comandati dal Marchese Las Minas, durante la guerra di successione austriaca, tali da compromettere definitivamente quell'unicum con Giardino Rinascimentale, di cui ho già qui parlato con corredo di una tavola dell'apologetico "Theatrum" dei Savoia di fine 1600.
Già,  perché  a questo punto, saltando secoli e secoli di vicende, si impone a mio avviso almeno un cenno ad un singolare episodio che chiama in causa il famoso Andrea Doria, la cui madre nacque in quel borgo, tra l'altro. Bartolomeo Doria, lontano parente dell'Ammiraglio, da cui, secondo alcune fonti, ricevette specifica istigazione, uccise con trentadue pugnalate il 22 agosto 1523 lo zio Luciano Grimaldi, reggente della Signoria di Monaco: ne seguirono intricate azioni di guerra - volute soprattutto dal vescovo di Grasse Agostino Grimaldi, fratello del morto - e diplomatiche, al termine delle quali, per salvaguardare a quel ramo dei Doria la Signoria di Dolceacqua, si ebbe il relativo passaggio - anche con l'interessamento del futuro Doge della Superba - dall'infeudamento a Genova a quello ai Savoia, che rimase definitivo.
La zona dell'attuale accesso al Castello, anche sede oggi di iniziative culturali, ma ancora interessato da altri lavori di restauro.
Tornando ai Doria, molte delle loro tombe sono nella Chiesa di S. Giorgio, lontana dal centro antico.
Uno sguardo al ponte, già immortalato da Claude Monet, che univa Castello e Giardino Rinascimentale propriamente detto.
Un passaggio.
Uno scorcio del paese, comprensivo di uno spicchio di quello che fu il Giardino, della strada provinciale, del citato ponte.

Come altri blogger, cerco spunti per farmi tornare più chiari in mente episodi, momenti degni di vita sociale e situazioni afferenti persone dalla calda umanità: nel caso di Dolceacqua - eclatante! - ha prevalso in me, come mai altre volte, facendomi annullare sul nascere ricordi personali, l'esigenza di mettere in evidenza il rilievo storico e culturale della cittadina, cui, però, ho qui reso parziale, molto parziale onore, che spero di riuscire ad integrare man mano più avanti.


domenica 10 febbraio 2013

Qualcosa ancora su Perinaldo


La storia di Perinaldo ha un particolare fascino. Il Santuario di Nostra Signora della Visitazione, una chiesa campestre, ad esempio, sarebbe stato eretto nel Seicento sulla linea del meridiano, suggerita dal grande astronomo Gian Domenico Cassini, nativo di quel borgo. E quella definizione, Madonna del Poggio del Rei, che talora riaffiora, riporta ai secoli bui del diritto intermedio, prima della Rivoluzione Francese, quando i condannati da un diritto crudele dovevano sfilare in corteo intorno a questa costruzione, indossando infamanti abiti da penitenti.


Qui sopra il cosiddetto Castello Maraldi, lato meridionale dell'edificio dove vide la luce il Cassini. Vi soggiornò anche Napoleone, lasciando vivida traccia nella memoria locale.

Una parte della Zona del Giuncheo, importante a livello agricolo nel Medio Evo. Là anche Santa Giusta, dove sostavano in antico viandanti e pellegrini. Dietro le colline, Negi, che é ancora Perinaldo. 


E poi, Cristiai-Peverei.























Il "Convento" dovrebbe essere facilmente identificabile in questo scatto dalla Chiesa di S. Antonio da Padova.


Prossimi a questo edificio sacro anche la nuova sede del Municipio e l'Osservatorio Astronomico Comunale "Gian Domenico Cassini".

Ma penso a tante persone - molte non ci sono più -, alla loro ospitalità, ai loro litigi di paese, da cui in buona misura mi tennero fuori, ai loro racconti di allora, soprattutto sugli sforzi di lunga data per forme di cooperazione solidale. Un borgo di sinistra, a lungo solida roccaforte del vecchio P.C.I. Lo stesso sindaco per più di quarant'anni, a partire dal dopoguerra. Salivano personaggi importanti a trovarlo. Alcuni si fermavano per vacanze più o meno lunghe, come altre volte ho già accennato. Fece installare - così mi dicevano gli anziani - una sirena perché le ore canoniche venissero scandite a chi lavorava nei campi da un segnale acustico laico, del Comune, non solo dalle campane. Sul piano umano ricordo il suo giusto orgoglio per essere stato in gioventù un valido ciclista sulle strade in particolare della Costa Azzurra. Si chiamava Emilio Croesi. Un documentato cultore delle testimonianze, come ho appreso meglio tardi, dopo la sua scomparsa, della storia recente del paese, dalla costruzione della strada carrozzabile al commercio - agli inizi del 1900 - del legname di quei boschi, che aveva come destinazione finale l'imbarco da un pontile ormai scomparso di Vallecrosia.
Dovrei dire, andando in ordine cronologico e in modo approssimativo, dei Conti di Ventimiglia per quanto attiene l'Alto Medio Evo, dei Doria di Dolceacqua, del Ducato di Savoia e del Regno di Sardegna, dei benefattori di fine 1800 che finanziarono scuole pubbliche, della Resistenza. Sul piano delle bellezze naturali della superba chiostra delle Alpi Marittime, visibili a nord di Perinaldo nelle giornate di buona luce. Ed altro su monumenti, case, caruggi.
Solo che scrivere di Perinaldo mi procura sempre qualche emozione, che mi porta a intraprendere la via dei ricordi personali.


martedì 17 luglio 2012

Camporosso, San Pietro


La Chiesa di San Pietro - oggi cimiteriale - a Camporosso (IM), a pochi chilometri dallo sbocco a mare della Val Nervia, mi offre lo spunto per considerare una volta di più il fatto che spesso non occorre andare lontano per respirare la storia. E che non si sa mai abbastanza dei propri luoghi.

Il sito in questione, ad esempio, era nel Medio Evo un punto di incontro e di riposo per i pellegrini della fede, che facevano capo alla diramazione occidentale di una Via Romea Piemonte - Mar Ligure - Ventimiglia. Lo attestano atti notarili, sopravvissuti al tempo, utili anche per comprendere aspetti datati di civiltà materiale. Soprattutto, come da rogito del 1258, un'usanza particolare che si commenta da sola, quella dei "messaggeri della fede a pagamento": vale a dire persone che, dietro compensa, affrontavano in nome e per conto di facoltosi, ma pusillanimi, committenti i pericolosi pellegrinaggi dell'epoca, che servivano - da non dimenticare! - alla salvezza delle anime dei credenti.

La Chiesa fu, poi, epicentro di una furiosa battaglia tra truppe genovesi, che avevano già assediato il Castello di Dolceacqua, e quelle dei Savoia nell'ottobre 1672. Furono diverse le conseguenze importanti in zona di questo conflitto: l'abdicazione del Marchese Doria di Dolceacqua, infeudato alla casata di oltregiogo, sconvolto dagli avvenimenti; nuovi Regolamenti Militari della Repubblica Ligure, perché le violenze delle proprie soldatesche a danno dei propri sudditi furono molto pesanti; l'accelerazione del distacco degli Otto Luoghi dal predominio fiscale di Ventimiglia.

Sarei tentato di aggiungere altre considerazioni. E fotografie, per illustrare stato dei luoghi, inquadrati storicamente a questo link, che indico per chi volesse saperne di più in materia.

giovedì 15 marzo 2012

Corsaro Nero, ancora un po' ...


Avevo appena finito di scrivere note a "Il Corsaro Nero", quando, forse distratto da quel mio post, il mio amico erudito, che pur all'epoca era ben addentro alle istituzioni culturali locali, chiedeva a me, che invece ancora adesso a molti fattori nostrani, specie se transitori, non sto molto attento, se sapevo di una mostra dedicata a quel personaggio di pura fantasia, creato da Emilio Salgari, mostra ipoteticamente tenutasi a Ventimiglia nel 2005. A sua volta, la domanda gli era stata rivolta da una editor freelance, alla quale una qualche indicazione - di altro indirizzo - ha fornito.

Tra noi ce la siamo un po' raccontata, soprattutto sul piano dello scherzo. A lui é tornato in mente che quell'anno il Corsaro Nero era il tema della Battaglia di Fiori. Così era, infatti. Credevo mi potesse fornire altri elementi.

In assenza di quelli - ma altri, di carattere turistico, direi, con breve ricerca ho riscontrato -, mi é venuto da pensare che dalle mie parti ci hanno messo un po' di tempo a tentare di sfruttare la fantasiosa figura di un Conte di Ventimiglia (e di Roccabruna e di Roccasparviera, se non erro) del 1600, che Salgari fa diventare pirata per sete di vendetta. Sorvolo sull'estinzione della Contea (il castello era sulla rocca della fotografia), avvenuta quattrocento anni prima. E su altro ancora.

Sono andato a ripassarmi brevemente, dunque, le motivazioni per cui da una dozzina d'anni, in un modo o nell'altro, nella città di confine ci si é messi a giocare il tasto di questo presunto illustre antenato.

Solo che mi rimane il dubbio circa il perché, a stare sempre in una dimensione soprattutto di costume, non si sia ancora pensato - almeno così mi pare - di compiere qualche riferimento a "Giovanna, la nonna del Corsaro Nero", programma per ragazzi della RAI del 1961, uno sceneggiato dalla saggia vena comica, che piacque anche a tanti adulti. Indimenticabili furono la nonna, Battista e Nicolino, i personaggi più simpatici. Ci sarebbe da parlarne appositamente.
Ma il mio filo conduttore adesso é un altro. Aggiungo che ci fu una ripresa nel 1962 e un'altra nel 1966, che non ricordo di avere visto (ma forse mi sentivo ormai grande) e che credevo, sentendone parlare in qualche occasione, fosse una replica delle prime due edizioni. Wikipedia, però, da me consultata, docet. E non fornisce immagini. Perché di quella bella produzione, come forse molti sanno, non esistono copie, perché tutte le registrazioni furono cancellate. Esiste solo il filmino in super 8 di una puntata, cui ogni tanto si attinge con nostalgia.

Comunque. Io ricordo di quello sceneggiato in questo momento, a stare sul pezzo, un castello di cartapesta a picco su un mare finto, teoricamente quello del Corsaro Nero a Ventimiglia. La somiglianza fisica, ci fosse ancora una fortezza, era, tuttavia, notevole. 
A parte momenti alti, in questa tormentata Riviera più alla portata di privati (sottolineo un'iniziativa su Salgari dell'estate scorsa, condotta, a cura del valente Enzo Barnabà, dalla Società Operaia di Mutuo Soccorso di Grimaldi di Ventimiglia), un modo in genere consono e simpatico per parlare di questo nostro, comunque amato, Conte sarebbe, a mio giudizio, ripartire da quel programma.

E, se rammento bene, "un grande urrah per nonna-sprint, la vecchia più forte di un bicchiere di gin ...!"!

 

venerdì 26 agosto 2011

Girovagando per Nizza


Ieri sono stato a Nizza, ma non ero del tutto convinto di volerci arrivare. Cercavo, invece, tra Grand e Moyenne Corniche di raffigurarmi com'erano le scorciatoie per arrivare al capoluogo delle Alpi Marittime francesi quando non c'era ancora un compiuto tragitto autostradale. E di vedere Eze, eventualmente. Per poi fare ritorno "par la bord de la mer" per rinvenire posti topici di tante storie curiose, come molte negli anni mi sono capitate in Costa Azzurra. Ma a fare inizio, intanto, da lì. Di raffigurare il paesaggio, data la grande foschia, neanche a parlarne: oltrettutto non sono granché come fotografo.


A La Turbie, dove già ero arrivato per le vie più lunghe, mi é sembrato di rivivere, come se fossero appena accaduti, gustosi aneddoti di gioventù. Dopo quell'incrocio, nella mia memoria teatro nel passato di gravi incidenti, il mio girovagare a casaccio ha accentuato le sue connotazioni. Non mi ricordavo che quel tratto di Moyenne, che prosegue in salita a destra, rimaneggiato più volte nel tempo sbancando le rocce, oggi ha più in su un raccordo verso l'autostrada, sulla quale, non avendo fatto caso alla segnaletica che ha colori inversi a quelli italiani, passato per un tunnel, sono involontariamente transitato: a quel punto a Nizza mi ci sono ritrovato, optando, tirando idealmente a sorte, per la prima uscita.


Pensavo a quel punto di salire a Cimiez. Distratto dalla possibilità di vedere una chiesa che non conoscevo, ma sbagliando strada, anche perché indicazioni non ce ne sono, ho iniziato a fare una serie di giri apparentemente a vuoto. Sorvolo sul fatto di essere andato a La Trinité - altre vecchie storie - senza fermarmi, perché a quel momento inseguivo un'abbazia, alla quale, logicamente fatte le premesse da cui sono partito, non sono arrivato. Ho fatto un giro per colline, su cui non ero mai stato ma simili a tante altre da quelle parti, specie a quelle dove conobbi tanti italiani emigrati. Di sicuro ho trovato punti panoramici notevoli: la visibilità, come preannunciato, era tuttavia quella che era. Da tornarci, certo, per vedere Nizza come su certe antiche carte!

 
 

Preso, da Piazza Garibaldi, per Nizza Vecchia, mi sono, rispetto ai propositi del momento, distratto una volta di più, ritrovandomi a risalire per il Castello, di cui non é rimasto praticamente niente, come cercherò di documentare altra volta. Così come mi sono ripromesso di rivisitarlo al più presto, per scoprire se mi funzionerà meglio il gioco della memoria, poiché ieri ad esempio non ho ritrovato l'esatta ubicazione di certe grandi feste popolari, quelle dove tra l'altro, imparai ad apprezzare il cous cous.


Potevo, infine, nell'anno del 150° Anniversario dell'Unità d'Italia fare mancare un saluto ideale da Garibaldi?