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sabato 24 dicembre 2011

Buone Feste!


Ecco Sanremo, in una vista parziale per come mi é venuto di riprendere giorni fa. Dovrei forse parlare un po' più spesso di questa città, dove per lo meno ho operato a lungo.

Inizio in questo modo informale  per augurare e contraccambiare Buone Feste a gentili blogger e lettori.

Nella mia persistenza irrituale, faccio riferimento una volta di più con questa rara immagine al tema dei viaggiatori di inizio 1800, su cui vorrei tornare.


Un altro argomento che mi interessa sono le esplorazioni meno conosciute, soprattutto se condotte via mare. In questo dipinto di François Geoffroy Roux (1811-1882) in un punto indeterminato del loro itinerario le fregate francesi La Recherche e L'Espérance della grande spedizione scientifica (1791-1794), condotta dal contrammiraglio Antoine Bruny d'Entrecasteaux alla ricerca di quella di La Perouse sino alle Isole Vanikoro dell'Arcipelago di Salomone.

A partire, infine, da una carta del Guibert riguardante le fortificazioni e le trincee intorno al corso inferiore del torrente Nervia (e al fiume Roya) all'epoca della guerra di successione austriaca, rivisito velocemente scorci dal (verso la sponda di Camporosso) e dell'omonimo quartiere di Ventimiglia, dove ho passato gli anni della formazione, come per sottolineare che dovrei decidermi a fare riaffiorare alla memoria o a estrapolare da archivi qualche vicenda significativa di quella zona.

Buon Natale e Buone Feste a tutti, allora!


lunedì 19 dicembre 2011

Un viaggio in Medio Oriente del 1830/31

Ecco Gerusalemme in un'immagine edita in Italia nel 1844, a corredo del "Viaggio in Siria e in Palestina di Giovanni Robinson", contenuto nel Tomo XIII della "Raccolta di Viaggi" curata da Francesco Costantino Marmocchi per l'editore/tipografo Giachetti di Prato. Anche le illustrazioni che seguono appartengono allo stesso repertorio, cui ho già attinto per l'Afghanistan visitato in quel lontano periodo dal Burnes.
La Moschea di Omar a Gerusalemme. Il Robinson sostiene di essere stato a Gerusalemme nell'agosto 1830. 

Non sono riuscito a trovare notizie circa questo viaggiatore sul Web. Si trova molto, invece, sul Marmocchi, che non conoscevo e che medito di rivisitare perché figura molto interessante di geografo. Nel caso in esame, credo abbia curato un lavoro uscito pressoché a dispense, comunque, all'epoca, dispendiose.

Il 25 agosto, sempre del 1830, il Robinson si mette in viaggio per Betlemme.
 
A Beirut dovrebbe essere arrivato il 20 settembre.
A Damasco e dintorni il Robinson si dedica da fine ottobre ai primi di dicembre.
Ha così occasione di vedere anche Palmira. Anche se qui sopra ho inteso riportare solo una strada che conduceva a quegli illustri reperti.
Che sono qui, invece.
 
Il 23 marzo 1831 il Robinson riparte da Aleppo, dove ha trascorso i mesi invernali, per Antiochia.

Il suo resoconto mi sembra molto accurato, come era, credo, per tutti gli scrittori di viaggi in quel torno di tempo di due secoli fa. Per lui, come per gli altri, meriterebbe compiere qualche sintesi ed operare qualche stralcio significativo.

La digitalizzazione é stata compiuta da Cultura-Barocca, un sito che si dimostra una volta di più molto interessante.


giovedì 15 dicembre 2011

Una certa idea di Ventimiglia



Tra i commenti ricevuti su Facebook con il link a "Far West di Ponente" ne seleziono alcuni tra quelli fatti da una persona amica ormai di lunga data, i cui trascorsi hanno significative aderenze con le inquadrature delle fotografie qui correnti.

"‎...Ventimiglia ti dicevo è assai affascinante perchè è la mia terra e la terra di nessuno...perchè è già oltre e ci sono emozioni e anche silenzi che profumano di rosmarino e di mimose arroccate ...quasi sul mare e capaci di sopravvivere a qualsiasi tempesta..."

"...Ventimiglia è più bella che altrove per me che vi sento l'odore del rosmarino, delle ginestre e ...delle mimose..misto al rumore e al salmastro dell' acqua di mare sempre nuova...mi sembra di essere anche a Saint-Tropez...in più appare il senso del non finito e del continuo provvisorio..tale può essere in una casa ove scatole e valigie non vengono mai svuotate e disfatte...perchè non si sa bene ove e come avverrà il prossimo domani..."

"...Ventimiglia è la mia terra ed è come la mia casa che di solito può essere in ogni luogo...anche se ogni volta che sto tornando...mi accorgo di dire che sto andando a Ventimiglia...anche se spesso è in altri luoghi.."
 

Conversando, un altro amico, già dei tempi dell'infanzia, mentre ribadiva la bellezza delle considerazioni qui riportate, mi parlava di ginestre, che io riportavo subito alla nostra amata Collasgarba o tutt'al più all'adiacente collina della Maule, parzialmente visibile in fondo a destra nella sovrastante immagine.

Questo episodio mi sembra significativo per sostenere che la memoria, comunque quasi sempre aleatoria, attinge a qualcosa di molto vissuto. E poco importa dettagliare l'estensione del territorio comunale della città di confine, in quanto tale ancora ricco di terreni sia coltivati che a macchia mediterranea. O allargare il discorso ad altre considerazioni di carattere più generale.

Di rilievo é, invece, l'intensità, direi lirica, di quei ricordi, ai quali la parte residuale di questo post funge da semplice cornice.


lunedì 12 dicembre 2011

Paesaggi, non solo del Ponente Ligure, di William Brockendon

Avendo ben presente questa vista - fruibile tra l'altro su diversi siti locali - di Bordighera da Capo Nero di Sanremo, da un'incisione in acciaio del 1829, sulla base di un disegno di William Brockendon, ho provato a cercare sul Web altri soggetti di questo pittore riferiti al Ponente Ligure. Ma non ho trovato molto.

Questa veduta delle piane di Bordighera e di Vallecrosia con, sullo sfondo, la Ventimiglia dell'epoca viene attribuita a William Brockendon.

Anche il dipinto che raffigura Mortola di Ventimiglia, che domina l'area dei futuri Giardini Hanbury, dovrebbe essere dello stesso artista.

Una curiosità: i cani in queste opere stanno a ricordare che si viaggiava accompagnati da questi animali per poter eventualmente fronteggiare bestie feroci allora ancora presenti in discreto numero; dopo di che poteva capitare che un cane del posto, di sicuro selvatico, se non rabbioso, assalisse, come si vede nella seconda immagine, un lavorante.

Cogoleto é di sicuro di William Brockendon.

Anche le opere che seguono, di cui si noterà subito la migliore qualità di riproduzione, sono sicuramente di William Brockendon. Qui, la Val Angrogna di Val Pellice.

Non riporto i nomi, del resto forse visibili sulle stampe in questione, delle altre località, comunque vicine alla Val Pellice.
In sostanza, dato che per questa zona non ho trovato altri risultati delle fatiche di William Brockendon (Totnes, 13 ottobre 1787 - Bloomsbury, 29 agosto 1854: fu anche scrittore e inventore e conobbe Cavour), affascinato dal suo estro ho allargato alquanto il discorso iniziale.


venerdì 9 dicembre 2011

Far West di Ponente


"Il ricordo più antico che ho dell’estremo ponente ligure appartiene a una specie di far west. Vedo il lungo corridoio della stazione di Ventimiglia, quello al fondo del quale si “passa” in Francia, attraverso una porta custodita dai frontalieri. Sono lì, in braccio a mia madre, sulle panche, in attesa di un treno proveniente dalla Francia, perché mio padre lavora in uno stabilimento balneare di Sainte-Maxim o Saint-Raphaël. Sono gli anni Sessanta. Non ci ho mai pensato, non che non abbia mai pensato a questo ricordo, ma a un’altra cosa, quella per cui ho deciso di scrivere queste pagine.
Dov’erano in quel tempo Guido Seborga, Elio Lanteri e Lorenzo Muratore?
"

Così afferma Marino Magliani in riferimento al dossier Scritture di Ponente, contenuto nella rivista "Atti Impuri", vol. 3 (No Reply, 2011). Scritture di Ponente comprende un racconto introduttivo di Marino Magliani, due racconti dello scrittore Guido Seborga (1909-1990), due ‘fiabe’ del ponentino Elio Lanteri (1929-2010) e una prosa del ventimigliese Lorenzo Muratore (1941). I testi, finora tutti inediti, sono espressione di tre percorsi di scrittura diversi tra loro, maturati però in quel “far west” assai fecondo di vocazioni artistico-letterarie che è il Ponente ligure. Il dossier è inoltre corredato da una serie di ritratti firmata dall’artista Sergio "Ciacio" Biancheri di Bordighera (IM).

Sono doverose, in attesa di una mia futura ripresa, alcune parole su Magliani, intanto, che é della Val Prino, sopra Imperia, a qualche decina di chilometri da questa ex-frontiera con la Francia e che, pur scrivendo quasi sempre di Liguria, soggiorna di più, dopo avere "vissuto a lungo in America Latina e in Spagna", sulla costa olandese. La sua ultima fatica è - in apparente contraddizione con quanto ho appena asserito - "Amsterdam è una farfalla" - Ediciclo 2011: rispetto a questa mutuo da Angelo Ricci parole della sua recensione "Vero e proprio metaromanzo Amsterdam è una farfalla trasferisce sulla carta la lezione di La nuit americaine di Truffaut e ci regala una storia che ha per trama il work in progress di un altro romanzo, romanzo dove il tempo e i tentativi di misurarlo (fermarlo, forse) si intersecano con la storia delle meridiane.  ... Lo stesso Autore si presenta come doppelganger di se stesso e di quel Gregorio Sanderi progettista di meridiane e di orologi solari che, protagonista di quel romanzo in fieri ambientato nel 2100 e che non sarà mai scritto, è, al contempo, personaggio che compare anche in altri romanzi di Magliani.

Con la mia passionaccia per la storia dovrei aggiungere qualcosa almeno su un'altra opera dell'autore Magliani, "L'estate dopo Marengo". Ma, come sopra promesso, proverò a riparlare di lui.
Dovrei anche rammentare il garbato ritratto, di persona solare, anticonformista ed estroversa che me ne fece un'amica di famiglia. O ricordare che é sodale di diversi blogger, che gli hanno dedicato post intrinsecamente più validi del mio.

Solo che tra recenti riletture, discussioni e incontri, quel dossier curato da Magliani rappresenta per me l'ultimo stimolo in ordine di tempo per tentare - come qui annuncio - di fare prossimamente luce sul dibattito culturale pregresso e più recente di questa zona di confine, cui hanno concorso e concorrono pure altre persone.
Anche se in proposito mi viene in mente una brutta metafora preventiva: come già in Italia, ancor più da queste parti il vero Far West è quello di giacche blu che costringono nelle riserve gli intellettuali.


Ed ecco com'è oggi l'ormai desueto corridoio di ingresso alla vecchia dogana passeggeri della stazione ferroviaria di Ventimiglia.


venerdì 2 dicembre 2011

Dai “Viaggi in Asia” di Alexander Burnes

Carta generale dei “Viaggi in Asia” di Alexander Burnes (Tipografia Giachetti, Prato, 1842).
Le immagini che seguono sono sempre dello stesso libro.

L'Afghanistan, allora.

Vicino a Kabul.

Kabul, più di 170 anni fa.

Questo disegno rende ancora più triste il pensiero delle bieche distruzioni compiute in loco dai Talebani.

All'epoca della pubblicazione italiana di questi suoi itinerari, Burnes era già morto da qualche mese: le sue relazioni con donne, anche sposate, del posto causò il linciaggio suo e del fratello e determinò l'inizio della famosa rivolta che scacciò dall'Afghanistan gli inglesi.

Ho, in conclusione, ripreso una volta di più da Cultura-Barocca delle fotografie. A questo link del medesimo sito la digitalizzazione dell'opera di Burnes richiamata.



martedì 29 novembre 2011

Matteo Vinzoni, cartografo

Mappa di Matteo Vinzoni raffigurante Savona e la fortezza del Priamar.

Mappa raffigurante il borgo di Levanto del cartografo Matteo Vinzoni (1773). Da questa data accertata si può risalire al periodo di attività di questo funzionario della Serenissima Repubblica di Genova.

Porto Maurizio (oggi parte di Imperia).

Sanremo.

Sin qui, immagini che ho ripreso da Wikipedia (Wikimedia).

Da soudan.it
 La zona di Bordighera.

Da fortedellannunziata.it
Ventimiglia.

Ci sarebbero molte cose da dire sulla bravura di questo topografo, al quale sono state dedicate in questa Regione alcune pubblicazioni. E pensare che fu attivo quando il Dominio di Genova era ormai avviato a inevitabile declino!
Sono temi importanti, che meritano, penso, attenzione. Uno stralcio significativo su questi aspetti si può trovare, comunque, qui su Cultura-Barocca.
Rimane intatto, credo, il fascino, ad un tempo arcano e moderno, di quelle carte di Matteo Vinzoni.



venerdì 25 novembre 2011

Kit Carson ed altri fumetti western


Ebbene, quel Kit Carson, che in tanti, da sempre si può dire, siamo abituati a vedere come "pard" di Tex Willer nella saga omonima dei due Bonelli, compare - già come persona in avanti con l'età - la prima volta in Italia su "Topolino", nel numero 238 del 15 luglio 1937 "creato da Rino Albertarelli, che introduce il genere western nel fumetto italiano. Sarà ripreso in seguito da Federico Pedrocchi e Walter Molino". Uscirono anche numeri di un "Kit Carson, edizione in formato gigante delle avventure apparse alla fine degli Anni Trenta su Topolino - Edizioni Il Carro -".  
L'immagine di cui sopra non  fornisce, invero, molte indicazioni di merito.
Il vero Kit Carson operò sul serio in Nevada come massacratore di nativi, aspetto che invece Wikipedia mette in dubbio.



In America, dove il fumetto western era già stato inventato da anni, Kit Carson era talvolta giovane, bello e biondo. E forse gli italiani copiarono a man bassa da un modello statunitense. Un aspetto buffo è che per corredare questo trafiletto ho trovato almeno un Kit Carson disegnato in copertina che somiglia sin troppo all'attore Kirk Douglas.

A dire il vero ero convinto di avere un'immagine da originale di una copertina del primo Kit Carson "made in Italy", mentre più probabilmente Bruno Calatroni di Vallecrosia (IM), l'amico collezionista cui ho già fatto in precedenza riferimento ed al cui archivio ricorro più avanti anche in questa occasione, me ne ha semplicemente parlato - nel mentre si procedeva insieme a scannerizzare una selezione del suo materiale - come di un aspetto poco noto.


Questa, invece, é la fotografia di un originale di una "Raccoltina" (così si dice in gergo) di Tex, uscita nel 1956. Era tanto tempo, forse da quando ero bambino, che non ne vedevo una, così come, sempre nello stesso formato originale, le strisce ben più corte su cui si sono dipanate per anni le avventure di questo personaggio, nato come ben si saprà nel 1948. La dimensione ad album, che ha accompagnato il grande successo di Tex, viene introdotta a titolo sperimentale successivamente, per approdare a dimensione definitiva, se non erro nel 1961, prima con la ripubblicazione delle storie già uscite, poi, con la stesura incessante di tante nuove.


Nel genere western credo possa essere ascritto anche "Il Grande Blek", qui anch'esso nel formato a striscia, numero del 27 novembre 1960. Un altro fumetto entrato nell'immaginario collettivo, al punto da dare il titolo ad un film pur imperniato sulla cronaca di costume.


E "Blek Macigno" - io lo ricordo pure con questo nome - usciva anche in formato album, anche se con non molte pagine: questo é del 1 maggio 1957.


Questo "Pecos Bill", cui manca la copertina, so di averlo avuto nelle mani in tempo reale: é del 1955 ed é diverso da un altro che venne in seguito.


Qui "Il Piccolo Sceriffo" del 9 aprile1954.


Termino questa rassegna con "Un ragazzo nel Far West" del 12 ottobre 1962.

Ho altre immagini a disposizione, ma come originali d'epoca nel campo western mi mancano ad esempio "Capitan Miki" e "Kinowa".
Pensando a Kit Carson, ho saltato una logica prosecuzione di un mio precedente post in materia, che conto di riprendere a breve.

In ogni caso, senza entrare più di tanto nel merito - credo, ad esempio, rispondendo tardivamente ad una pregressa domanda, che non possano, compreso Tex, più piacere ai bambini di oggi - questi fumetti per il periodo preso in esame rappresentano, a mio avviso, con significati di letture importanti non limitate all'infanzia, di cui altre volte ho già detto e su cui, anche per non annoiare, non torno, uno spaccato di storia sociale del nostro Paese.


lunedì 21 novembre 2011

India ...

Da greatestbattles.iblogger.org
Nel Sultanato di Delhi nel 1450: Rustam uccide con la sua lancia l'eroe turaniano Alkus.

Da tempo, invero, desideravo pubblicare riproduzioni di iconografie originali di qualche secolo fa, pertinenti scene di vita quotidiana delle classi alte ed autori del sub-continente indiano. Una recente lettura, di cui darò breve conto più avanti, mi ha riportato con prepotenza la memoria ai misfatti coloniali compiuti dagli europei anche laggiù. La ricerca di immagini mi ha alquanto e di nuovo deviato l'attenzione, perché ne ho rinvenute di veramente notevoli per illustrare, almeno per sommi capi, momenti storici, soprattutto dell'India dei Moghul.

Da greatestbattles.iblogger.org
La morte del Sultano Hindu, Bahadur, che doveva incontrarsi con il governatore lusitano su di una nave, davanti a Diu nel 1603: i Portoghesi dissero che era caduto fuori bordo, gli accompagnatori del principe sostennero, invece, che era stato spinto.

Da Wikimedia
I Moghul (o Mogol) erano già arrivati da tempo in India. Precisamente nel 1526. Babur, qui ritratto da un artista della sua gente, fu il sovrano della conquista, destinata, prima di spegnersi, tra alterne vicende ad allargarsi. Il primo Gran Moghul, appunto. 
Da greatestbattles.iblogger.org
Ma ecco Akbar, forse il più famoso di quegli imperatori: Adham Khan gli rende omaggio a Sarangpur nel 1561.

Da Wikimedia
Nel 1636 il Principe Khurram di ritorno dal Deccan si presenta a Jahangir.

Da Wikimedia
Nel 1656 gli Olandesi videro questa ambasceria del Moghul a Pechino.

Di Nadir, scià persiano, al sacco di Delhi nel 1739, esiste una bella immagine, purtroppo, non più reperibile sul Web. Anche i vicini, non solo gli europei, infierivano sull'India in quel periodo.

Da Wikimedia
Con la battaglia di Pondichéry (Pondicherry in inglese), del 1761, durante la guerra dei Sette Anni, gli inglesi, se ricordo bene, estromettendo i francesi, sconfitti, iniziarono ad assumere il dominio completo dell'India. Con grande crudeltà, come da triste consuetudine.

Il romanzo cui accennavo in premessa, "Mare di papaveri", prende le mosse settant'anni dopo, quando l'Inghilterra sta ormai preparando la guerra dell'oppio contro la Cina. Un aspetto terribile, in cui non mi ero mai imbattuto, é che questa droga veniva preparata nel e vicino al Bengala - di salgariana memoria per molti italiani - con popolazioni in pratica schiavizzate in questa filiera, se così si può definire, produttiva. L'autore é Amitav Ghosh, del quale vado, per esigenze di sintesi, anche rispetto a tante lodevoli critiche, a riportare una sola frase: "Credo che un romanzo dovrebbe sempre avere una certa dose di rumore di fondo, che può non essere immediatemente comprensibile ma serve ad altri scopi". Sì, perché questo romanziere nato a Calcutta usa l'inglese, ma in bocca ai suoi personaggi lo fa spesso contaminare in modo plastico ora da uno ora dall'altro degli idiomi locali. Potrei mettere in evidenza altro ancora, ma mi fermo sottolineando, tuttavia, che mi pare che Ghosh, pur all'interno di un inquadramento storico e di cifre culturali specifici, conosca bene anche i canoni occidentali dell'avventura.